Avvertenza. Il linguaggio di questa rubrica è diretto ed esplicito.

Sono gay e frequento una piccola università a indirizzo umanistico. Ho una cotta per un ragazzo, che però si è dichiarato asessuale/aromantico, senza che io glielo chiedessi. Mi piace davvero tanto. Facciamo delle gran belle chiacchierate al laboratorio che frequentiamo e lo trovo un sacco attraente. Ma tutte le volte che ho provato a portare la nostra amicizia fuori dal laboratorio, proponendogli di studiare insieme o di andare a vedere un film che interessava a entrambi, non mi ha proprio dato spago. Non so che fare. L’unica cosa che mi viene in mente è rattristarmi. Oppure c’è la possibilità che lui ricambi la mia attrazione? Parlare con me credo gli piaccia. E a me piace sicuramente stare con lui.

– Anxiously Ruminating On A Crushing Experience

Breve definizione dei termini: una persona aromantica non prova attrazione sentimentale. Alcune persone aromantiche cercano un partner sentimentale – o cercano una relazione e sono disposte a tollerare o simulare un po’ di romanticismo pur di averla – altre no. C’è tutta una gamma (sospiro). Una persona asessuale non prova attrazione sessuale, ma potrebbe essere disposta a fare sesso. Anche qui c’è tutta una gamma (sospiro). Ora, esiste una gamma per tante cose, compreso (enorme sospiro) l’orientamento sessuale – la famosa scala Kinsey rappresenta una gamma – ma quella asessuale a volte sembra così ampia da risultare priva di significato, spaziando dagli asessuali che provano repulsione per il sesso (disgustati al solo pensiero, non vogliono farlo, né che gli sia ricordato che altri lo fanno) alle “troie asessuali” (che non provano attrazione sessuale, ma fanno sesso per altri motivi, e ne fanno tantissimo).

Sostanzialmente viviamo in un’epoca – o stiamo vivendo la fine di un’epoca – in cui le parole significano quello che vogliamo che significhino, le persone possono usare quelle che vogliono o inventarne di nuove, nessuno se la racconta né la racconta agli altri, e gli unici a essere controllati sono i controllori.

Detto questo, Aroace, è molto improbabile che il tuo compagno di laboratorio abbia dichiarato spontaneamente il suo status di aromantico/asessuale. Magari non gli avrai detto che lo trovi attraente – non avrai usato quelle precise parole – ma c’erano dei segnali: il modo in cui lo guardavi, in cui ti illuminavi quando ti parlava, di sicuro il modo in cui gli hai proposto quelli che di fatto erano degli appuntamenti.

I ragazzi aromantici/asessuali possono non provare attrazione sentimentale o sessuale, ma non sono mica stupidi: capiscono quando qualcuno è interessato a loro sentimentalmente o sessualmente, e questo ragazzo qui sa di piacerti. Il che va benissimo! Puoi assolutamente trovare dei ragazzi boni! E hai tutto il diritto di chiedergli di uscire! Però devi anche saper accettare un no, che sia esplicito o implicito. E quando questo ragazzo ha dichiarato la sua identità aromantica/asessuale, ti stava facendo capire che la risposta è no. Consideralo una variante di “Non sei tu, sono io”, una che le persone dicono quando cercano di respingere con tatto qualcuno che gli piace.

E anche se questo ragazzo è il tipo di persona aromantica che vuole avere un partner, Aroace, e anche se rientra nella parte più libertina della gamma asessuale, il fatto che abbia dichiarato la sua identità aromantica/asessuale indica che probabilmente non ti vede come un potenziale partner, sempre ammesso che sia interessato ad avere un partner, sentimentale o sessuale che sia.

P.s. Potresti dirgli così: “Carte in tavola. Ti ho chiesto di studiare da soli qualche volta o di andare a vedere un film perché mi piaci. Ma so che con te è possibile solo un’amicizia, dato che sei aromantico/asessuale, cosa che capisco e rispetto. Mi va benissimo frequentarti da amico, se ti interessa un’amicizia anche fuori dall’università. Se invece per ora non te la senti, o non te la sentirai mai, non c’è problema, e prometto di non fare scherzi”.

Sono un uomo gay cis ultraquarantenne, vivo in una piccola città e al momento non ho una relazione. Sto sviluppando quello che potrebbe essere un kink, e mi dà da pensare. Vado in una palestra in città che ha una bella sala pesi. La maggior parte dei tizi che la frequentano sono più giovani di me e un’alta percentuale (circa il 90 per cento) indossa cuffie o auricolari mentre solleva pesi, persa nel suo mondo sonoro. Anch’io ho gli auricolari. Un giorno, il mese scorso, mi si sono scaricati. I tizi che sollevavano pesi non sentivano se stessi e alcuni facevano rumori davvero forti e sexy: gemiti, grugniti, ansiti e così via. Non credo che si rendano conto del volume o del tipo di suoni che fanno. Uno in particolare, durante gli squat, fa dei versi sempre più forti e finisce con una combinazione di grugniti e gemiti quasi da orgasmo. Ho cominciato ad ascoltare tutti questi suoni e a reagire, al punto che nei giorni in cui mi alleno con i pesi indosso un sospensorio robusto per evitare qualsiasi, ehm, reazione visibile. Insomma, siamo in una città piccola e sto attento a non guardare i tizi carini in palestra o sotto la doccia (be’, magari un’occhiatina veloce). Ma ascoltare di nascosto gli uomini che ansimano e gemono in sala pesi è diventata un’ossessione. Ha fatto miracoli per la mia routine di allenamento, ma la trovo una cosa un po’ da viscido, anche se tengo lo sguardo fisso sul muro e loro non hanno idea che io mi ecciti con i loro versi. Ho pensato di registrare l’audio con il mio iPhone per farmici le seghe dopo, ma non l’ho fatto (troppo viscido!). È una forma di molestia o di abuso? Devo smetterla e tornare ad ascoltare i Black Keys ad alto volume con gli auricolari per coprire quei gemiti e versi eccitanti? C’è un nome per questa mia cosa?

– Making Orgasmic Auditory Noises

Sì, questa tua cosa ha un nome: auralismo. È un kink per cui ascoltare certi suoni – come quelli prodotti dagli uomini che in palestra gemono, ansimano, sbuffano, eccetera – provoca l’eccitazione.

E finché non sei visibilmente eccitato, Moan, e non fissi gli uomini o li rendi consapevoli della tua eccitazione, il tuo comportamento – la tua libidine uditiva – rientra nella gamma delle perversioni segrete e ammissibili. Ci è permesso trarre un piacere privato, anche sessuale, dagli stimoli casuali che incontriamo mentre ci muoviamo nel mondo, purché non disturbiamo o infastidiamo gli altri. Quindi, proprio come godersi discretamente una delizia per gli occhi è sempre stato uno dei vantaggi di andare in palestra, godersi discretamente una delizia per le orecchie non costituisce molestia o abuso.

Breve divagazione: nell’ultima puntata di After-action report, il mio nuovo podcast, ho parlato con una donna che ha il feticismo degli starnuti. Può benissimo uscire di casa durante la stagione dei raffreddori e dell’influenza per godersi la vista e il suono di sconosciuti sexy che starnutiscono negli aeroporti e nei negozi di alimentari! Finché non è visibilmente eccitata – finché riesce ad aspettare di essere tornata a casa per sfogarsi – non c’è niente di male nel piacere che prova ascoltando starnutire un estraneo. Lo stesso vale per te, Moan: finché non fai nulla che metta a disagio gli altri – è a loro che spetta giudicare, in ultima analisi – puoi goderti i gemiti, i lamenti e i versi degli uomini della tua palestra.

Effettuare registrazioni mentre sei in palestra, però, è un po’ un azzardo dal punto di vista etico e legale. A seconda di dove vivi, Moan, registrare una conversazione senza il consenso di entrambe o tutte le parti potrebbe essere un reato. (Ma versi e gemiti contano? Dovresti chiedere a un avvocato). E se anche registrare audio in un luogo pubblico fosse legale dove vivi, è comunque percepito come qualcosa di più invasivo che ascoltare e basta. Detto questo, ormai tutti registrano tutto ovunque, specie in palestra, e per motivi francamente peggiori. Il mondo è pieno di burloni e influencer che registrano e caricano video sperando di diventare virali a spese di qualcun altro. Registrare silenziosamente qualche secondo di “rumori ambientali” in palestra per il proprio divertimento privato mi pare meno problematico – meno violento – che pubblicare su Instagram il video di qualcuno che fa male un esercizio per prenderlo in giro, o caricare sui social media il momento peggiore della vita di qualcun altro per aumentare il numero dei propri follower.

(Traduzione di Francesco Graziosi)

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