Nelle strade di Hong Kong non si sono visti i mezzi corazzati, ma il colpo di mano cinese ha avuto quasi lo stesso effetto: i commercianti hanno tolto dalle vetrine gli slogan a favore della democrazia, e migliaia di persone stanno cercando di emigrare. La cosiddetta legge “sulla sicurezza nazionale” approvata da Pechino vìola la costituzione di Hong Kong e assesta un colpo mortale alla dichiarazione congiunta sino-britannica del 1984, che garantiva l’autonomia del territorio per cinquant’anni. La norma impone con la forza quello che i suoi abitanti temevano, e contro cui erano scesi in piazza nel 2019: la possibilità di condannare all’ergastolo chi commette atti di “sovversione, secessione, terrorismo e collusione con paesi stranieri”.
Questi timori sono alimentati dalla farsa della giustizia cinese, che negli ultimi anni ha abusato dei reati di sovversione e contro l’ordine pubblico in nome della supremazia assoluta del Partito comunista e del rifiuto dei valori universali, i due pilastri del pensiero del presidente Xi Jinping. Per ventitré anni la Cina ha accettato lo statuto quasi-democratico della “regione amministrativa speciale”. Oggi invece si appresta a fagocitarla, con un’impazienza che riflette la sua ascesa a potenza economica e militare.
Il governo cinese non vuole punire tanto gli sporadici appelli all’indipendenza di Hong Kong scanditi durante le proteste del 2019, quanto gli insulti che gli sono stati indirizzati alla Cina e le richieste d’aiuto rivolte agli Stati Uniti e al Regno Unito. Xi Jinping ritiene che la guerra commerciale lanciata da Washington e le accuse statunitensi sulle violazioni dei diritti umani abbiano aumentato i rischi per una Cina che deve “assumere un ruolo centrale sulla scena mondiale”. La piaga di Hong Kong doveva essere sanata, e il covid-19 ha fornito l’occasione, permettendo di vietare le manifestazioni e di approfittare della chiusura delle frontiere. Imponendo la sua legge proprio nel momento in cui la sua politica sanitaria e il suo ruolo predatorio nella globalizzazione sono messi in discussione, la Cina sfida l’occidente e imbocca una strada preoccupante. ◆ ff
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it
Questo articolo è uscito sul numero 1365 di Internazionale, a pagina 17. Compra questo numero | Abbonati