Rufi Thorpe prende una trama piuttosto comune – due adolescenti disadattati si legano in un’amicizia improbabile che cambierà la loro vita – e la trasforma in un’originale e cupa meditazione comica sull’ambiguità morale. Dopo che sua madre è andata in prigione per aver aggredito il padre violento con un coltello, Michael si trasferisce con sua zia nell’idilliaco sobborgo di North Shore, nella California meridionale. È lì che incontra Bunny Lampert. “Era la principessa di North Shore”, ricorderà da adulto. Bunny è una principessa alquanto improbabile: una spilungona, giocatrice di pallavolo, con una madre morta, un padre affabilmente squallido e gli addominali ipersviluppati di una tartaruga ninja. Michael invece è gay, con capelli lunghi e piercing al naso, che ha una relazione segreta con un uomo molto più anziano. Ciò che i due hanno in comune, oltre alla vicinanza geografica, un’infanzia traumatica e una generale mancanza di figure guida, è l’incapacità di adattarsi ai ruoli prescritti dell’identità di genere: Bunny è altissima e sicura di sé, una combinazione di qualità, osserva Michael, che la gente trovava “spiacevole in una ragazza”. E sono esattamente queste qualità che portano Bunny a un momento di violenza che ci sembra scioccante quanto fatale, e che incide profondamente sulle loro vite. Non ci sono vittime e nemmeno eroi: nel mondo di Thorpe, tutti sono innocenti e tutti sono colpevoli e nessuno è assolto. Il risultato è un romanzo delicato e brutale insieme. Kirkus Reviews

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Questo articolo è uscito sul numero 1397 di Internazionale, a pagina 78. Compra questo numero | Abbonati