Nel 2015 Viet Thanh Nguyen ha pubblicato il suo primo romanzo, Il simpatizzante, che ripercorreva la guerra del Vietnam attraverso gli occhi di un agente comunista nascosto negli Stati Uniti. L’ambientazione e l’azione del Militante sono diverse, ma è così legato al precedente che si può considerare il seguito della stessa storia. Non mettiamo mai piede negli Stati Uniti. Il romanzo si svolge interamente in una Parigi molto lontana dagli stereotipi turistici. La storia si apre nel 1981 quando il protagonista, che non è più una spia, arriva con il suo vecchio amico Bon. Sono sopravvissuti a un anno di torture in un campo di rieducazione in Vietnam e ora sono ricompensati con una nuova vita in Francia. “Le nostre borse erano piene di sogni e fantasie, traumi e dolore, tristezza e perdita e, ovviamente, fantasmi. Poiché i fantasmi sono senza peso, potevamo trasportarne un numero infinito”. Il protagonista si trova a lottare con atteggiamenti molto più torbidi che negli Stati Uniti. I suoi ospiti sono mecenati seducenti e colonizzatori brutali, soddisfatti della loro superiorità estetica come del loro dominio razziale. Ciò crea un ambiente inquietante per gli immigrati. Sotto la facciata dell’eleganza parigina, Nguyen descrive la carneficina della violenza etnica tra immigrati in lotta per il territorio nel traffico di stupefacenti. Come Il simpatizzante, anche Il militante dimostra che con pazienza e gli strumenti giusti è possibile distruggere un essere umano. Ron Charles, The Washington Post
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Questo articolo è uscito sul numero 1399 di Internazionale, a pagina 78. Compra questo numero | Abbonati