Un senso di minaccia pervade il terzo brillante lungometraggio di Benjamín Naishtat. Come i due precedenti film del regista argentino (Historia del miedo ed El movimiento) anche questo è un’allegoria disarmante sulla classe media che chiude un occhio sugli eccessi commessi in nome di quelle che chiamiamo pace e stabilità. In una piccola città dell’Argentina, a metà degli anni settanta (poco prima del colpo di stato militare), la tranquilla vita di Claudio (Darío Grandinetti), avvocato apparentemente rispettoso della legge, è turbata dalla scomparsa di uno sconosciuto. In una delle tante strizzate d’occhio al genere western, arriva in città un investigatore privato (Alfredo Castro, già visto in vari film di Pablo Larrain) deciso a scoprire cos’è successo, che solleva la patina di rispettabilità sotto la quale operano Claudio e la gran parte dei suoi concittadini più illustri. Pian piano, come nella Donna senza testa di Lucrecia Martel, emerge la complicità della società nel diffondere una cultura di violenza e sparizioni forzate. Maria Delgado,Sight & Sound

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Questo articolo è uscito sul numero 1403 di Internazionale, a pagina 84. Compra questo numero | Abbonati