Nella Parigi dei fuori sede, nella città che ama i sognatori, seguiamo alcuni ragazzi di vent’anni, arrivati per studiare o per cominciare davvero la loro vita. S’incontrano casualmente nel reticolo di appartamenti condivisi e di feste improvvisate. Il percorso di Étienne, che si è separato dalla tranquillità familiare e amorosa per seguire la sua vocazione (studiare per fare il regista) nella capitale, ha un sapore balzachiano: confrontandosi con altri aspiranti registi perde fiducia in se stesso e nel suo talento, e alimenta i dubbi sul suo futuro. Tramite Skype rassicura la sua fidanzata rimasta a Lione, ma passa da un’avventura all’altra e non sa più di chi è davvero innamorato. Sul fronte dell’amicizia si affida a Mathias, esteta intransigente che disprezza il lavoro degli altri studenti. Per lui il cinema deve restituire il più possibile la gioia e i dolori della vita. E Jean-Paul Civeyrac, con questo film, ci si avvicina, riuscendo in un’alchimia tra la contemporaneità e la tradizione più appassionata del cinema d’autore. Louis Guichard, Télérama

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Questo articolo è uscito sul numero 1403 di Internazionale, a pagina 84. Compra questo numero | Abbonati