La dea del grunge Shirley Manson e il suo gruppo di ottimi wisconsiniani tornano con il loro settimo album e si tuffano nei temi politici che avevano evitato negli anni scorsi. L’avidità è l’argomento del primo pezzo, il dinamico The men who rule the world, punteggiato da suoni di slot machine e campionamenti techno. La canzone fa riferimento al #MeToo – “Il re è nell’ufficio finanziario, è il presidente dell’azienda, le donne che affollano i tribunali sono accusate di essere delle puttane” – e si chiude con un appello per la salvaguardia del clima. Waiting for god ha elementi letterari e trascendentali alla Nick Cave, pur restando ben radicata nella realtà sociopolitica di oggi. Con il suo suono industrial fitto di sintetizzatori e la voce di Manson più graffiante che mai, Waiting for god è il pezzo che definisce tutta la seconda parte del disco. Ascoltare No gods no masters è come sentire i Garbage per la prima volta. Ed è una prospettiva elettrizzante.
Chloe Waterhouse,Clash
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Questo articolo è uscito sul numero 1414 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati