Di tutti gli eroi del Marvel cinematic universe (Mcu), la Black Widow di Scarlett
Johansson è quella che meriterebbe delle scuse formali dai suoi creatori. L’agente russa dalle cosce d’acciaio e dalle tante ferite emotive, altrimenti nota come Natasha Romanoff, è stata svuotata come una bambola di porcellana da più di dieci anni di sceneggiature ingenerose. Finalmente ha un film tutto suo: Black Widow è un coraggioso (ma imperfetto e tardivo) tentativo di stabilire una giusta eredità per la prima Avenger di sesso femminile. Il film è ambientato tra Captain America: civil war e Avengers: infinity war. Natasha è latitante dopo la spaccatura degli Avengers e scappa in Europa dove si ritrova a fare i conti con il suo passato: Yelena (Florence Pugh), una delle sue sorelle all’interno del Red Room, il programma di torture psicologiche messo in atto dai sovietici per creare supersoldati, informa Natasha che il loro aguzzino Deykov (interpretato da Ray Winstone, il cui accento russo si può condannare come crimine di guerra) è ancora in circolazione. La sceneggiatura è quella che è, ma Scarlett Johansson dà il massimo e ci sono bellissime coreografie di combattimento. Comunque, nonostante i suoi difetti, Black Widow serve a costruire un futuro migliore per le donne nell’Mcu. Peccato che per Natasha sia un po’ tardi.
Clarisse Loughrey,Independent

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Questo articolo è uscito sul numero 1417 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati