Il governo del primo ministro giapponese Fumio Kishida, formato poche settimane fa, ha superato il suo primo test importante alle elezioni legislative del 31 ottobre. Il Partito liberaldemocratico (Pld) si è infatti assicurato un numero sufficiente di seggi per far approvare nuove leggi in parlamento. La vittoria elettorale sarà un fattore chiave per il governo, alle prese con un’economia duramente colpita dalla pandemia, le minacce nel campo della sicurezza e altre sfide.

Il Pld ha perso 15 seggi, ottenendone 261 sui 465 della camera bassa del parlamento, quella con più poteri. Ma una maggioranza che può bastare alla coalizione di governo per controllare tutte le commissioni parlamentari e indirizzare facilmente la legislazione. Il predecessore di Kishida, Yoshihide Suga, si era dimesso a settembre un anno dopo l’inizio del suo mandato, in seguito al crollo della sua popolarità per le critiche al governo sulla gestione della pandemia e sulla decisione di tenere comunque le olimpiadi di Tokyo, nonostante le diffuse preoccupazioni sull’emergenza sanitaria. I liberaldemocratici temevano di subire pesanti perdite alle elezioni se Suga fosse rimasto alla guida del partito.

Opposizione debole

Esponenti influenti tra i più conservatori del Pld vedevano in Kishida un successore affidabile, che non avrebbe messo in discussione la linea del partito. Kishida ha indetto le elezioni subito dopo aver assunto l’incarico, dichiarando di voler ricevere un mandato popolare per il suo nuovo governo. “È stata un’elezione difficile”, ha dichiarato il primo ministro all’indomani del voto, “ma i risultati hanno mostrato che il popolo vuole la stabilità della coalizione e il governo Kishida per creare un nuovo Giappone”. Secondo gli esperti la scommessa elettorale di Kishida ha beneficiato della enorme attenzione data dai mezzi d’informazione alla sua corsa per la leadership del Pld a settembre. È stato anche aiutato dalla debolezza del fronte unito dei partiti d’opposizione, che per la prima volta ha incluso il Partito comunista giapponese, spegnendo l’entusiasmo di molti moderati.

L’elezione di Kishida, arrivata con risultati migliori del previsto, ha rafforzato la sua presa sul potere, dando potenzialmente alla sua amministrazione più tempo per lavorare sulle promesse fatte in campagna elettorale rispetto a quello che era stato concesso al governo precedente. Tra le questioni su cui Kishida ha promesso d’impegnarsi ci sono il controllo del covid-19, la ripresa dell’economia e il rafforzamento delle capacità di difesa del Giappone.

La durata del governo Kishida dipenderà dall’evoluzione della pandemia, commenta Masato Kamikubo, docente di scienze politiche dell’università Ritsumeikan. “La vittoria elettorale spiana la strada a una possibile leadership di lungo periodo per il primo ministro, ma le cose potrebbero non essere facili”, spiega Kamikubo evocando la mancanza di alleati potenti tra i ministri o al vertice del partito. Questo potrebbe portare a un allontanamento del premier se gli indici di gradimento dovessero calare, come già successo a Suga.

Se un’altra ondata di infezioni da covid-19 dovesse colpire il paese e portare a un nuovo stato d’emergenza, “il partito potrebbe decidere di sostituirlo”, avverte Kamikubo. I casi positivi giornalieri sono calati bruscamente da settembre. Secondo gli esperti tra i motivi ci sono i progressi della campagna vaccinale (il 73 per cento della popolazione ha ricevuto due dosi), l’uso diffuso delle mascherine e fattori meteorologici.

Da sapere
Un nuovo capitalismo

◆Anche se il Partito liberaldemocratico (Pld) ha ottenuto la maggioranza alla camera bassa, il suo segretario, Akira Amari, ha perso il suo seggio e si è dovuto dimettere. Come Amari, altri importanti esponenti del partito sono stati sconfitti. “Il primo ministro Fumio Kishida e il Pld dovrebbero prendere seriamente il messaggio degli elettori, che hanno voluto ridurre l’enorme potere del Pld aggiungendo un po’ di salutare tensione alla politica”, scrive l’Asahi Shimbun. La sfida più urgente per il nuovo governo è la ripresa economica dopo la pandemia, scrive il Japan Times. “Kishida ha detto che il suo obiettivo è creare un ‘nuovo capitalismo’ che distribuisca meglio la ricchezza e attenui le disuguaglianze, aumentate nei decenni. I salari sono cresciuti solo del 4 per cento rispetto al 1990 (contro il 33 per cento della media dei paesi dell’Ocse) e anche se la disuguaglianza in Giappone non è a livello di quella degli Stati Uniti o del Regno Unito, negli ultimi anni è peggiorata. I dettagli della strategia di Kishida non sono ancora chiari, aspettiamo di conoscerli”.


Le prime mosse

Dopo la vittoria elettorale, Kishida è andato a Glasgow per partecipare al vertice sul cambiamento climatico, dove ha ribadito l’impegno del Giappone a raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050 e a collaborare con gli altri paesi della regione. La conferma al suo incarico da parte del parlamento e la scelta dei ministri sono quindi rimandate alla prossima settimana.

Kishida dovrebbe approvare un pacchetto di stimoli economici a breve e un bilancio supplementare per finanziarlo entro la fine dell’anno. Ha promesso anche di avviare una fase di crescita sostenuta e, nel quadro della politica economica annunciata come “nuovo capitalismo”, di garantire una migliore distribuzione per aumentare il reddito della popolazione.

Sul fronte internazionale Kishida, ex ministro degli esteri, continuerà a dare priorità all’alleanza militare tra Giappone e Stati Uniti e a promuovere la visione di un “Indo-Pacifico libero e aperto” insieme ad altri paesi democratici, tra cui quelli dell’alleanza Quad: Stati Uniti, Australia e India. Sostiene inoltre l’importanza di un esercito più forte, in un’epoca di preoccupazioni per una Cina sempre più potente e influente, e per le minacce missilistiche e nucleari della Corea del Nord.

Infine si è opposto all’idea, sostenuta dalla maggior parte dei partiti in parlamento, di modificare la legge che impone alle coppie sposate di adottare un unico cognome e che costringe quasi sempre le donne ad abbandonare il proprio. In generale, i liberaldemocratici non hanno a cuore questioni come l’uguaglianza di genere e la diversità. ◆ gim

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Questo articolo è uscito sul numero 1434 di Internazionale, a pagina 32. Compra questo numero | Abbonati