Tutto è cominciato nell’ottobre del 2020, quando Bill Callahan e Bonnie “Prince” Billy hanno pubblicato una cover di Blackness of the night di Cat Stevens. Poteva restare un episodio isolato, invece i due hanno continuato facendosi affiancare da altri artisti dell’etichetta di Chicago Drag City. Si sono fermati a 19 pezzi e li hanno pubblicati in un album che funziona come un doppio un po’ affollato e sconnesso, ma anche giocoso e pieno d’immaginazione. Will Old­ham, vero nome di Bonnie “Prince” Billy, ha scelto dei brani che avrebbe voluto sentire cantati da Callahan e il suo collega ha fatto lo stesso. Poi li hanno mandati agli altri musicisti, che hanno aggiunto in libertà il loro contributo. A quel punto le canzoni sono tornate ai due per il tocco finale. I risultati migliori evocano gli strani giorni della pandemia e forse è quello che trasmette il gridolino di Callahan all’inizio di Rooftop garden, ode alla vita domestica di Lou Reed. Forse il disco poteva essere più corto, ma alla fine funziona. È tenuto insieme da qualcosa d’indefinibile. Queste canzoni sulla fede, l’eccitazione, il toccare il fondo e poi rinascere portano il marchio dei loro creatori.

J.P. Woodbury, Pitchfork

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Questo articolo è uscito sul numero 1442 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati