Come sente la violenza sessuale una ragazza abusata sistematicamente da uno zio fino all’età di sedici anni, nella casa di famiglia dove i suoi stessi genitori l’hanno mandata in vacanza ogni estate? E come può raccontare questa violenza in prima persona, trasformandola in materiale letterario? Belén López Peiró ha passato l’infanzia e l’adolescenza tra Buenos Aires e Santa Lucía, la città natale di sua madre: finita la scuola, preparava lo zaino e andava a casa degli zii e dei cugini. Lì lo zio poliziotto abusava di lei, sempre di notte, senza guardarla negli occhi, fino a farle credere che il suo stesso corpo non fosse il suo. L’autrice, che è anche scrittrice e giornalista, costruisce una storia polifonica in cui i diversi punti di vista – quelli dei suoi parenti e dei medici, così come il suo – fanno da contrappunto, a turno, al resoconto del processo che affrontò quando fu in grado di difendersi. Siamo noi lettori, a questo punto, che non possiamo sfuggire: siamo obbligati a entrare nella sua pelle e a sentire. Un libro dal forte impatto.
Verónica Abdala, Clarín

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Questo articolo è uscito sul numero 1451 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati