Portami a casa racconta una storia dei nostri tempi in cui tutti possiamo riconoscerci. Tutti abbiamo dei genitori verso i quali siamo in debito e che, invecchiati, hanno bisogno del nostro sostegno emotivo. Questo è quello che succede a Juan e a sua sorella Isabel. Nel caso del romanzo di Carrasco, tuttavia, il modo in cui Juan reagisce alla morte di suo padre è sconcertante: non esprime il suo dolore ed è occupato a cercare di capire i rimproveri di sua sorella per la sua reazione. Juan è un ingegnere forestale. Isabel, cresciuta in una famiglia di “figli della guerra civile e della fame”, studia biologia e ottiene il suo dottorato con una ricerca su un virus che lei e suo marito, anche lui biologo, brevettano e vendono a una grande casa farmaceutica statunitense. Portami a casa non vuole essere una rappresentazione dell’ascesa sociale di una famiglia, ma mostra gli atteggiamenti etici discutibili di fronte a un lutto familiare. Forse l’autore voleva biasimare la slealtà dei figli che devono la loro fortuna agli sforzi dei genitori. Ma sarebbe materia per un altro romanzo.
J. Ernesto Ayala-Dip, El País

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Questo articolo è uscito sul numero 1453 di Internazionale, a pagina 84. Compra questo numero | Abbonati