Sono passati quindici anni dal giugno 2007, quando Israele impose un blocco senza precedenti ai due milioni di abitanti della Striscia di Gaza dopo che il gruppo islamista Hamas ne aveva preso il controllo. Da allora il blocco ha colpito duramente l’economia del territorio e ha limitato fortemente gli spostamenti dei suoi abitanti. In un articolo su Al Jazeera, Haidar Eid, che insegna all’università Al Aqsa di Gaza, commenta: “Il blocco letale imposto su di noi per aver eletto Hamas ha trasformato Gaza non solo in una prigione a cielo aperto, ma in un campo di concentramento. In questo luogo un tempo bello due milioni di persone – la metà di loro ha meno di quindici anni – cercano disperatamente di sopravvivere senza rifornimenti sicuri di acqua, cibo, elettricità e medicine, in una chiara violazione del diritto internazionale umanitario e delle convenzioni di Ginevra”. Eid ricorda che negli ultimi quindici anni più di quattromila civili, tra cui molti bambini, sono morti nelle quattro guerre scatenate da Israele sul territorio. Sul giornale israeliano Haaretz, Sheren Falah Saab scrive che un’intera generazione di bambini nati a Gaza non conosce altra realtà che il blocco. Secondo lei il fatto che sia imposto a distanza, senza “il contatto diretto che comporta un qualche tipo di responsabilità morale”, è l’aspetto “più estremo e repressivo della dominazione d’Israele sul popolo palestinese”. ◆ Un monitoraggio indipendente presentato il 24 giugno dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha concluso che la giornalista palestinese Shireen Abu Akleh, morta l’11 maggio a Jenin, in Cisgiordania, è stata uccisa da un proiettile sparato dall’esercito israeliano. ◆ Il 28 giugno i deputati israeliani hanno votato in prima lettura un progetto di legge per sciogliere il parlamento, un passaggio fondamentale verso la convocazione di elezioni anticipate. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1467 di Internazionale, a pagina 33. Compra questo numero | Abbonati