Mohamed Mbougar Sarr (Joel Saget, Afp/Getty)

Il quarto libro di Mohamed Mbougar Sarr racconta la storia di un giovane scrittore senegalese contemporaneo, Diégane Latyr Faye, che s’innamora di un libro di culto pubblicato nel 1938 e ora quasi introvabile, Il labirinto del disumano, e si mette sulle tracce del suo autore, T.C. Elimane, scomparso dopo che una violenta polemica aveva macchiato la sua reputazione a Parigi. Per farlo, s’immerge nelle recensioni dell’epoca e scopre che tutti i critici che avevano parlato bene o male del romanzo morirono poco dopo. Nulla è futile nel romanzo di Sarr, e anche i momenti di umorismo hanno la caratteristica della necessità. Allo stesso modo del libro oggetto della ricerca, La più recondita memoria degli uomini si presenta come un vasto labirinto, ma un labirinto dell’umano – genealogico, politico, estetico – dove l’autore, pur senza tenerci per mano, non ci fa perdere mai. In questa costruzione borgesiana, che ha qualcosa di un’indagine poliziesca, le storie e le testimonianze s’intrecciano, lasciando che il narratore e il lettore ricostruiscano il fantasma di Elimane attraverso congetture e interpretazioni fluttuanti. Le donne che lo hanno amato, i suoi amici, i suoi stessi scritti disegnano un ritratto ambiguo e frammentato. Chi ha l’ultima parola su questo destino opaco, posto fin dall’inizio sotto il segno della malinconia? Nel giardino di sentieri ramificati che è il romanzo, il passaggio da un punto di vista all’altro, da un’epoca all’altra spesso non è segnalato da elementi particolari. Sperimentiamo così la piacevole vertigine che suscitano i grandi libri, complessi ma non complicati, dove non è necessario capire tutto. Tra ieri e oggi, tra il Senegal, la Francia e l’America Latina, dove lo portano le tracce di Elimane, il suo giovane ammiratore attraversa “acque piene di miti e ricordi”, avventure in cui gli incantesimi dei racconti africani si mescolano agli incubi della colonizzazione e della guerra. Il romanzo non cerca “la verità come rivelazione, ma la verità come possibilità”. Al centro del labirinto, alla fine, Elimane è il mostro che alcuni descrivono o la vittima di un’intera società? Chi era? L’identità di Elimane è la letteratura. Il suo capolavoro, che lo esonera dallo scriverne altri.

Francesca Capellini, Le Monde

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Questo articolo è uscito sul numero 1478 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati