Di me si può parlare solo in un’altra lingua.

Chi cerca la mia tomba, cerca inutilmente.

Chi chiede di me, chiede in vuoti corridoi di una vita.

Di me si può parlare solo in un’altra lingua.

Chi sa di me, di me non vuole sapere niente.

Non do informazioni; ciò ch’è passato non è mai stato,

appelli vani alla memoria non posso leggerne.

Chi sa di me, di me non vuole sapere niente.

Qui dove sono, non esistono mappe né promesse.

Ciò che significava qualcosa, è andato perso,

parole che misurano un altro territorio.

Con me non si può rompere in nessuna lingua.

Martin Bieri è un poeta, drammaturgo e giornalista svizzero nato nel 1977. Il 28 ottobre, nel cimitero Friedhof Nordheim di Zurigo, leggerà questa poesia per commemorare le persone recentemente morte in solitudine e lì sepolte (il sito che riunisce i testi scritti da diversi autori e autrici per questa commemorazione è einsames-begraebnis.ch). Traduzione dal tedesco di Dario Borso.

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Questo articolo è uscito sul numero 1482 di Internazionale, a pagina 96. Compra questo numero | Abbonati