Nelle ultime settimane le autorità russe sono tornate a parlare con sempre maggiore insistenza di negoziati con l’Ucraina e i paesi occidentali. Il 14 ottobre, per esempio, il capo dell’intelligence estera russa, Sergej Naryškin, ha affermato che i colloqui sono possibili ma solo “a determinate condizioni”, mai però specificate. Pochi giorni prima, il 6 ottobre, Valentina Matvienko, presidente del senato russo, aveva invitato le autorità ucraine ad avviare negoziati per una “soluzione pacifica” del conflitto, ma sempre alle condizioni dettate da Mosca.

A metà settembre il presidente russo Vladimir Putin aveva parlato di possibili negoziati in modo simile: “Faremo di tutto per garantire che il conflitto finisca il prima possibile. Ma purtroppo i nostri avversari, la leadership ucraina, hanno annunciato che rifiutano qualsiasi negoziato con la Russia e che vogliono raggiungere i loro obiettivi con mezzi militari”.

Di recente l’Ucraina ha più volte respinto la possibilità di negoziare con Putin. E all’inizio di ottobre il presidente Volodymyr Zelenskyj ha firmato un decreto che stabilisce “l’impossibilità di avviare colloqui con il presidente russo Vladimir Putin”. La decisione è stata presa in risposta ai cosiddetti referendum con cui Mosca ha annesso quattro regioni ucraine.

Come aveva già scritto Meduza, Putin sta realmente pensando a una ripresa dei negoziati, che si sono interrotti in primavera. Allo stesso tempo, però, vuole che la Russia mantenga il controllo sui territori del Donbass e, ovviamente, sulla Crimea. Secondo tre fonti russe di Meduza, due interne alla presidenza e una vicina al governo, queste posizioni non sono cambiate. Tuttavia, stando a queste fonti, le autorità russe hanno elaborato una nuova “opzione tattica”, che prevederebbe non la firma di un vero e proprio trattato di pace, ma un cessate il fuoco temporaneo. Secondo Mosca, le forze armate russe e ucraine potrebbero arrivare a un simile accordo senza coinvolgere gli alti funzionari politici dei rispettivi paesi.

Per raggiungere l’accordo, le autorità russe stanno già ritirando le truppe da una parte del territorio occupato nella regione di Cherson.

Kirill Stremousov, vicepresidente dell’amministrazione filorussa della regione, ha già spiegato che i residenti “si sposteranno in altre regioni della Russia, a distanza di sicurezza dalle ostilità, per non intralciare lo svolgimento delle manovre militari”. Il vice primo ministro russo Marat Chusnullin ha annunciato che il governo li aiuterà a lasciare il territorio e gli fornirà alloggi gratuiti.

“È molto difficile mantenere il controllo su Cherson, e ritirando le truppe si può fare un gesto di buona volontà, andando incontro all’Ucraina”, ha spiegato una delle nostre fonti.

Il Cremlino starebbe quindi cercando di “influenzare” i leader occidentali e il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan affinché convincano l’Ucraina a tornare al tavolo dei negoziati con Mosca. Le persone con cui abbiamo parlato affermano che l’argomento usato dai rappresentanti russi durante questi incontri è molto semplice: la necessità di evitare vittime civili, come quelle causate dagli indiscriminati attacchi missilistici sulle città ucraine del 10 ottobre, decisi dopo l’attacco al ponte di Kerč e i successi della controffensiva ucraina.

Dopo Putin

Le nostre fonti hanno anche sottolineato che Putin non vuole rinunciare a proseguire la guerra e che spera di usare l’eventuale cessate il fuoco per preparare un’offensiva. Secondo la logica del presidente russo, durante questo periodo senza ostilità l’esercito russo dovrebbe addestrare i cittadini mobilitati e riuscire a risolvere in qualche modo i problemi relativi all’equipaggiamento dei soldati.

Il portavoce del presidente, Dmitrij Peskov, non ha risposto alle domande di Meduza sul tema.

Secondo il piano del Cremlino, una “nuova offensiva su larga scala” potrebbe cominciare intorno a febbraio-marzo del 2023. Anche l’esercito ucraino ha usato una tattica simile: per diversi mesi ha addestrato i cittadini mobilitati, e poi, con il loro aiuto, ha condotto la controffensiva nelle regioni di Charkiv e Cherson.

Nel frattempo la posizione ufficiale di Kiev sulla possibilità di un negoziato con Mosca rimane la stessa: “Saremo disponibili a negoziare con la Russia, ma non con Putin. Discuteremo solo con chi lo sostituirà”, ci ha detto un collaboratore del presidente Zelenskyj, prima di invitare i russi a impegnarsi a rendere possibile un vero negoziato, destituendo il presidente Putin.

La nostra fonte ha sottolineato che l’Ucraina diffida già da tempo di qualsiasi dichiarazione – e soprattutto dei cosiddetti gesti di buona volontà – delle autorità russe: “Putin mente in continuazione. Dice di essere pronto a negoziare e poi lancia attacchi missilistici sui civili. Fino a quando i nostri territori rimarranno occupati, non ci potrà essere nessun cessate il fuoco”.

Questa posizione è stata confermata a Meduza da Mychajlo Podoljak, consigliere di Zelenskyj: “Cosa garantirebbe all’Ucraina questo cessate il fuoco immaginato dalla Russia? La fissazione di una nuova linea del fronte e il frettoloso trincerarsi dei russi nei territori temporaneamente occupati? Come si può pensare che questa soluzione possa andarci bene, soprattutto ora che è iniziata la controffensiva? Sarebbe solo una pausa per le unità russe oggi assai malridotte, permetterebbe a Mosca di addestrare almeno una parte degli uomini mobilitati d’urgenza e d’inviare nuovi soldati destinati a morire sul campo di battaglia. Perché dovremmo accettare?”.

Secondo Podoljak, “questo scenario non è sicuramente nell’interesse dell’Ucraina, quindi simili proposte, fatte pubblicamente o meno, sono da escludere”. Il consigliere di Zelenskyj ha poi sottolineato che l’Ucraina è “soprattutto interessata” alla sconfitta militare della Russia, “perché solo questo metterà davvero fine al conflitto, farà sì che i criminali di guerra siano puniti con gli strumenti della legge e contribuirà indirettamente all’avvio della trasformazione del sistema politico russo”. ◆ ab

Meduza è un sito d’informazione indipendente russo, con sede a Riga, in Lettonia.

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Questo articolo è uscito sul numero 1483 di Internazionale, a pagina 22. Compra questo numero | Abbonati