Il 15 ottobre a Tunisi due manifestazioni organizzate dall’opposizione hanno portato in piazza migliaia di persone. Tre giorni dopo, a Zarzis, una città sulla costa, c’è stato uno sciopero generale per chiedere che le autorità facciano luce sul recente naufragio di un’imbarcazione di migranti. Nei quartieri periferici della capitale e di altre grandi città si moltiplicano gli scontri con le forze dell’ordine.  L’inflazione, il debito pubblico fuori controllo e la mancanza di beni di prima necessità “mobilitano i tunisini più di quanto abbiano fatto gli attacchi del presidente Kais Saied alla democrazia tunisina”, scrive il quotidiano Al Sabah. Saied è ormai considerato il responsabile della crisi economica e non sembra in grado di gestirla. Gli slogan dei manifestanti denunciano la deriva autoritaria del presidente, la violenza usata dalla polizia per reprimere le proteste e le ingiustizie sociali. In un contesto simile, si chiede il giornale, non sarebbe il caso di modificare la legge elettorale, restituendo potere a un parlamento che è stato indebolito dai decreti presidenziali? ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1483 di Internazionale, a pagina 31. Compra questo numero | Abbonati