Jonathan Coe torna dov’è nato, a Birmingham, e nei suoi dintorni, per ripercorrere la storia britannica del dopoguerra e il suo impatto su diverse generazioni della famiglia Lamb. Obiettivo ambizioso che Coe persegue in modo abile e divertente. Il libro è incorniciato dalla pandemia, con cui comincia e finisce. Lorna è una musicista jazz in difficoltà. Il suo tour in Austria e Germania nel marzo 2020 è bruscamente interrotto dai lockdown. A Birmingham, la nonna vedova di Lorna, Mary, è alle prese con la tecnologia moderna sotto forma di chiamate regolari via Skype. La sua famiglia non può prevedere l’isolamento a cui sarà presto condannata. Ma questo non è un romanzo sul covid-19. Dopo essersi immerso nella paura e nell’incredulità della primavera 2020, Coe torna all’inizio dell’estate 1945. Mary è una bambina di nove anni che vive a Bournville, il villaggio modello creato nel 1879 nel sudovest di Birmingham intorno alla fabbrica di cioccolato Cadburys. I capitoli ambientati a Bournville si muovono avanti e indietro negli anni e servono a misurare la limitata capacità del Regno Unito di conoscersi, un deficit che Coe tratta con lo stesso rancoroso affetto con cui disegna i suoi personaggi. Classe, mobilità sociale, politica, multiculturalismo, nazionalismo, sessualità, famiglia, comunità: il volto mutevole del paese e il suo percorso apparentemente inevitabile verso la Brexit sono documentati da Coe senza sentimentalismi.
Catherine Taylor, Financial Times

Questo articolo è uscito sul numero 1487 di Internazionale, a pagina 96. Compra questo numero | Abbonati