L’8 dicembre Brittney Griner, la giocatrice statunitense di basket detenuta in Russia da febbraio, è stata liberata dopo che Mosca e Washington si sono accordate su uno scambio di prigionieri. Gli Stati Uniti hanno ceduto il trafficante d’armi russo Viktor Bout, che era detenuto nel paese da dieci anni. “La vicenda di Griner sposta i riflettori sui tanti statunitensi ancora in Russia”, scrive il New York Times. Dopo l’invasione russa dell’Ucraina, i manager delle aziende statunitensi se ne sono andati, come gli studenti. “Altri hanno scelto di restare, e c’è perfino chi è andato in Russia dopo l’arresto di Griner”. È il caso proprio di alcuni atleti. “Dopo lo scoppio della guerra, le squadre russe della Continental hockey league, che comprende la Russia e alcuni paesi vicini, hanno perso quasi la metà dei giocatori stranieri. Con il passare dei mesi alcuni di quei posti sono stati occupati da statunitensi e canadesi. Sono almeno 42 gli statunitensi che giocano o hanno intenzione di giocare nel principale campionato di pallacanestro maschile russo, rispetto ai trenta di qualche mese fa”. Questo perché le società sportive russe offrono buoni stipendi per atleti a fine carriera o che non riescono ad affermarsi negli Stati Uniti. Questi giocatori hanno scelto di vivere in Russia nonostante gli avvertimenti del loro governo.

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Questo articolo è uscito sul numero 1491 di Internazionale, a pagina 31. Compra questo numero | Abbonati