◆ Un aumento della temperatura media globale di 1,5 gradi rispetto all’era preindustriale, una soglia che potrebbe essere raggiunta entro dieci anni, farà scomparire il 20 per cento delle specie di falene. Un aumento di due gradi metterebbe invece a rischio il 40 per cento delle specie, uno di tre gradi il 60 per cento e uno di quattro gradi l’80 per cento, con una perdita di più di metà dell’habitat di questi lepidotteri. Per molti altri insetti le previsioni sono simili, scrive Die Zeit, che ricorda come la perdita di biodiversità sia strettamente legata alla crisi climatica. Gli insetti sono particolarmente a rischio, ma lo sono anche funghi, piante e vertebrati.

Attualmente la causa principale della perdita di biodiversità è lo sfruttamento intensivo delle terre emerse e dei mari, scrive il New York Times. Al secondo posto c’è lo sfruttamento diretto di singole specie, per esempio attraverso la caccia, la pesca e il commercio illegale. La crisi climatica, attualmente al terzo posto, potrebbe diventare il fattore prevalente nel giro di pochi decenni.

L’alterazione delle temperature, del ciclo delle piogge e di altri fenomeni climatici potrebbe trasformare profondamente gli ecosistemi, generando crisi a ripetizione. Per potersi adattare piante e animali hanno bisogno di essere in salute e di avere spazio per migrare, ma spesso non è così. Questi temi sono al centro della conferenza delle Nazioni Unite sulla biodiversità Cop15 in corso a Montréal, in Canada, fino al 19 dicembre.

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Questo articolo è uscito sul numero 1491 di Internazionale, a pagina 114. Compra questo numero | Abbonati