Foto di Pierre Crom, Getty

Il 14 gennaio una nuova ondata di attacchi aerei russi si è abbattuta sulle città ucraine, prendendo di mira le centrali elettriche e altri obiettivi civili. A Dnipro un missile ha centrato un palazzo residenziale (nella foto), provocando la morte di almeno 45 persone. Secondo le autorità ucraine si trattava di un Kh22, un missile antinave di epoca sovietica estremamente impreciso, che l’aviazione russa sta usando ormai regolarmente a causa dell’esaurimento delle munizioni più moderne. Oleksij Arestovyč, consigliere del presidente Volodymyr Zelenskyj, ha dichiarato che il missile aveva colpito l’edificio dopo essere stato abbattuto dalle difese aeree ucraine, ma ha poi ritrattato e si è dimesso. Tre giorni prima dell’attacco il generale russo Sergej Surovikin, che aveva inaugurato la campagna di bombardamenti contro le infrastrutture ucraine, era stato rimosso dal comando delle operazioni militari in Ucraina e sostituito dal capo di stato maggiore Valerij Gerasimov. L’avvicendamento, che secondo il Cremlino punta a “migliorare l’integrazione tra i diversi rami delle forze armate”, è stato interpretato da alcuni analisti come un’ammissione che la mancanza di una struttura di comando centralizzata ha contribuito ai fallimenti russi, e come il preludio a una nuova offensiva su larga scala, scrive Meduza. Secondo altri Putin vuole costringere Gerasimov, che ha organizzato l’invasione insieme a lui ma ha poi assunto un atteggiamento defilato sul conflitto, ad assumersi le sue responsabilità. Il 18 gennaio l’elicottero che trasportava il ministro della difesa ucraino Denys Monastyrskyj è precipitato su un asilo a Brovary, vicino a Kiev. Oltre a Monastyrskyj nell’incidente sono morte tredici persone, tra cui il suo vice e tre bambini. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1495 di Internazionale, a pagina 28. Compra questo numero | Abbonati