Dopo la guerra è una raccolta di testi in parte inediti che compongono una narrazione personale cupa, sobria e potente sul tema dell’amata e odiata Germania. Come si può essere tedeschi? Philippe Claudel pone questa domanda attraverso i suoi personaggi, uomini o donne, vecchi o bambini, come se fossero dei ritratti in una intrigante galleria narrativa: figure realmente esistite e qui rivisitate, come il pittore Franz Marc, o più semplicemente immaginarie, come il fuggiasco ferito che s’interroga sulla sua colpa di soldato troppo obbediente. Tutti i personaggi portano le tracce – cicatrici o stimmate – di una violenza costitutiva, a volte appena consapevole. La giovane infermiera che maltratta un vecchio nazista costretto a letto, o il piccolo orfano di guerra nel magnifico racconto conclusivo, dicono qualcosa su un conflitto che anche dopo la fine continua sotto lo sguardo dell’altro… il vicino, il fratello nemico, il possibile amico? La Germania nel suo complesso appare quasi come un territorio immaginario: un possibile luogo di scrittura di sé nella reinvenzione della storia, la cartografia interiore di una pura finzione. In altre parole, la Germania è prima di tutto un (bel) libro.
Fabrice Gabriel, Le Monde

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Questo articolo è uscito sul numero 1496 di Internazionale, a pagina 84. Compra questo numero | Abbonati