Il 4 marzo si sono aperte a Pechino le cosiddette lianghui (due sessioni): l’assemblea consultiva del popolo cinese e l’assemblea nazionale del popolo, che si svolgono quasi in contemporanea. Come ogni anno, circa cinquemila delegati si riuniscono per una settimana per discutere e ratificare la direzione che prenderà la seconda economia mondiale. Per quanto riguarda la crescita economica è stato fissato un obiettivo più basso del previsto: il 5 per cento del pil. Una previsione inferiore anche al 5,5 per cento registrato nel 2022, quando gran parte del paese ha affrontato pesanti lockdown. Per le spese militari, invece, è previsto un aumento di spesa in linea con quello degli anni precedenti: 7,2 per cento del bilancio, contro il 7,1 del 2022. Si prosegue sulla strada aperta da Xi Jinping, che in chiusura sarà nominato per la terza volta presidente. La Repubblica popolare cinese dovrà contare di più sulle sue forze, puntando sull’autarchia nella produzione e sulla ricerca scientifica e tecnologica nazionale. Sono anche state annunciate riforme strutturali nel settore finanziario e della raccolta dei dati, un taglio del 5 per cento dei lavoratori nella pubblica amministrazione e una riduzione dei salari più alti. Financial Times

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Questo articolo è uscito sul numero 1502 di Internazionale, a pagina 30. Compra questo numero | Abbonati