In un’intervista del 2016, Yves Tumor raccontava quanto la noia di crescere nel Tennessee l’avesse spinto a dedicarsi alla musica. Questo rifiuto nei confronti della monotonia sembra infatti manifestarsi in tutto quello che fa. Per esempio, nei suoi video gli abiti ispirati a David Bowie assumono forme ancora più queer. E nell’album precedente l’elettronica era spinta a livelli massimi. Per Yves Tumor, più significa meglio e l’ultimo disco lo conferma. L’inno gargantuesco espresso dal titolo fa pensare che questo sia un album divertente, e in effetti lo è. Si piazza in uno spazio tra il piacere e il dolore, e lo fa risuonare in maniera grandiosa. Il brano God is a circle comincia con un urlo gutturale in cui l’artista statunitense canta: “Sembra che ci siano posti della mia mente dove non posso andare”. Tumor lo descrive come un luogo ignoto da esplorare. E poi c’è la sexy Meteora blues o la paranoia espressa dal verso “Everyone you loved loved someone della già citata God is a circle. I suoi testi sono sempre stati obliqui, ma quello che li rende affascinanti è come scavano nella sporcizia, nelle stranezze e nella gioia. Yves Tumor si è sistemato in una nicchia in cui il glam rock incontra la sperimentazione e anche se a Praise manca l’incisività dei suoi album precedenti, come esperienza d’ascolto è più potente.
Andy Steiner, Under the Radar

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Questo articolo è uscito sul numero 1504 di Internazionale, a pagina 94. Compra questo numero | Abbonati