Il 27 marzo il governo ha annunciato che il paese adotterà l’ora legale senza aspettare un mese, ribaltando la decisione che aveva scatenato le critiche dei leader politici e religiosi cristiani. Secondo diversi osservatori, il ritardo proposto dal primo ministro ad interim Najib Mikati era un tentativo per conquistare i favori dell’elettorato musulmano, consentendo a chi osserva il Ramadan di rompere il digiuno alle 18 invece che alle 19. La potente chiesa maronita però aveva annunciato che avrebbe ignorato la decisione del governo e avrebbe detto ai fedeli di spostare in avanti le lancette degli orologi nella notte tra il 25 e il 26 marzo. Così il paese si era svegliato sotto due fusi orari. La questione dimostra che ormai in Libano “perfino l’orario, forse la cosa più neutra che ci sia, può diventare un fattore di divisione”, commenta Anthony Samrani nel suo editoriale sul quotidiano L’Orient-Le Jour. Secondo Samrani il paese “è diventato un multiverso” in cui “convivono realtà parallele”.

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Questo articolo è uscito sul numero 1505 di Internazionale, a pagina 31. Compra questo numero | Abbonati