Duecento anni fa il paesaggio del Carso, una vasta area tra Italia, Slovenia e Croazia, somigliava a un deserto di pietre. Poi, a metà dell’ottocento, per alimentare le riserve di legname per i suoi cantieri navali, l’impero austroungarico assegnò a una commissione, guidata dall’ispettore forestale e inventore boemo Josef Ressel, l’incarico di avviare un piano di riforestazione. Ressel capì subito che l’operazione avrebbe prima di tutto migliorato il clima e le condizioni del territorio. Per il progetto furono scavate sessanta milioni di buche, messe a dimora quindici milioni di piante. Furono coinvolti interi paesi nei lavori. “È stato il primo e più grande piano di riforestazione della storia di cui esiste una documentazione, realizzato nel rispetto dell’ambiente e delle comunità locali”, dicono i fotografi Manuela Schirra e Fabrizio Giraldi, che hanno realizzato il progetto Da pietra a bosco. Nel loro lavoro hanno accostato le immagini storiche, presentate all’Esposizione universale di Parigi del 1900, a quelle realizzate negli stessi luoghi tra il 2020 e il 2022. Le foto d’archivio mostrano le aree prima e dopo gli interventi di riforestazione, mentre quelle di Schirra e Giraldi documentano la situazione attuale dei boschi.

Oggi la biodiversità del Carso è garantita da un sistema naturale in cui non serve più l’intervento umano. I pini neri piantati nell’ottocento stanno morendo e si riproducono a stento, ma le specie autoctone, che nel lontano passato ricoprivano la regione, ora si sviluppano velocemente. “Questi luoghi sono la prova che le azioni del presente possono avere effetti importanti sul futuro”, dicono i fotografi. ◆

Una foto d’archivio del bosco Pretis a Basovizza, una frazione di Trieste, tratta dall’album Ripristino delle montagne disboscate (Carso)
Il bosco vicino al monte Kalvarija, Lussino, Croazia. A terra gli aghi secchi, il principale elemento costitutivo dell’humus su cui crescono le specie autoctone
Il bosco Čikat, Lussinpiccolo, isola di Lussino, Croazia. Nell’immagine sono ritratti i pini paroliniani impiantati nel 1899. Il piano di riforestazione del Carso ha riguardato un’area di trecento chilometri quadrati fra Trieste, Gorizia, Fiume, l’Istria e le isole di Cherso e Lussino.
Vicino al monte Salvia, Trieste. Oggi un’area del bosco fa parte del parco del santuario di monte Grisa. Qui con il taglio selettivo del pino nero si cerca di favorire lo sviluppo della vegetazione più tipica di questi luoghi, come per esempio la roverella. Nell’ottocento il pino nero era stato scelto per la sua capacità di resistere alle lunghe siccità estive e ai venti di bora invernali
Nova Gorica, Slovenia. Nel Carso un incendio divampato a luglio del 2022 ha distrutto più di quattromila ettari di area riforestata
Una foto d’archivio del bosco Bazzoni, a Basovizza, Trieste, tratta dall’album fotografico Ripristino delle montagne disboscate (Carso). Nelle operazioni di riforestazione gli uomini scavavano le buche nella roccia, i ragazzi portavano la terra dalle doline (cavità del terreno)
e l’acqua dai pozzi, e le donne si occupavano della piantumazione
Il bosco vicino a Monfalcone, in provincia di Gorizia. Una radice di pino nero ancorata alla roccia

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Questo articolo è uscito sul numero 1507 di Internazionale, a pagina 64. Compra questo numero | Abbonati