In uno dei filoni narrativi di Il paese dei fiori oscuri, nel 1989 un gruppo di studenti va nel villaggio immaginario di Dunkelblum, nel Burgenland austriaco, per ristrutturare il cimitero ebraico. Una notte il cimitero viene profanato, le tombe imbrattate con slogan antisemiti. Il sindaco Koreny è sicuro: “Una bravata da giovani sbronzi, la gente qui non è così!”. Ma invece è proprio così. Perché Dunkelblum è il nome in codice della città di Rechnitz, non lontano dal confine con l’Ungheria. Qui, fino a poco prima della fine della seconda guerra mondiale, si trovava un castello di proprietà della contessa Margit Batthyány-Thyssen, erede della fortuna del gruppo Thyssen. Prima della domenica delle palme del 1945, gli uomini delle Ss e i loro collaboratori celebrarono una festa come ospiti della contessa. Parte di questa festa fu il massacro di circa duecento forzati ebrei. Dopo l’omicidio di massa, i responsabili continuarono a festeggiare. Un’indagine sul crimine fu fatta naufragare. L’attenzione di Menasse si concentra sulla rete sociale le cui maglie nascondono ciò che accadde la notte del 24 marzo 1945. Vuole dimostrare che il presente, almeno quello austriaco, è tuttora determinato da un modo di affrontare il passato che fa dei crimini il risultato di una bravata.
Hanna Engelmeier, Süddeutsche Zeitung

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Questo articolo è uscito sul numero 1511 di Internazionale, a pagina 92. Compra questo numero | Abbonati