Il 21 maggio i mediatori di Stati Uniti e Arabia Saudita hanno annunciato di aver raggiunto un accordo per una tregua di sette giorni, a partire dalla sera del 22 maggio, tra l’esercito guidato dal generale Abdel Fattah al Burhan e il gruppo paramilitare Forze di supporto rapido (Rsf), del generale Mohamed Hamdan Dagalo, detto Hemetti. L’obiettivo è permettere il passaggio dei convogli di aiuti umanitari, dopo cinque settimane di duri combattimenti. Finora gli scontri e i bombardamenti hanno causato quasi mille morti e più di un milione di sfollati interni. Duecentomila persone hanno dovuto lasciare il paese. Tra queste, almeno 60mila sono scappate in Ciad, dove la situazione umanitaria è già critica. Nella capitale sudanese Khartoum, scrive il quotidiano panarabo Al Quds al Arabi, il sistema sanitario è al tracollo. Più della metà degli ospedali sono chiusi e il rischio è che chi soffre di malattie croniche non riceva più le cure necessarie. Un’organizzazione sindacale dei medici sudanesi ha lanciato l’allarme sulla trasformazione degli ospedali in caserme. In particolare, i medici accusano le forze di Hemetti di aggredire e intimidire i pazienti, i loro familiari e i dipendenti degli ospedali. Inoltre i combattenti stanno usando queste strutture come rifugi dai bombardamenti aerei, mettendo in grave pericolo chi ci lavora.

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Questo articolo è uscito sul numero 1513 di Internazionale, a pagina 34. Compra questo numero | Abbonati