Il concetto di film perfetto è assurdo. Ma alcune pellicole raggiungono una sintesi impeccabile dell’opera del loro autore. Asteroid City è una di queste. Dà la sensazione che Wes Anderson si sia fatto da parte per ricalibrare il rapporto tra la sua arte, se stesso e il mondo esterno. Non è quindi il miglior film di Anderson né il più personale. Ma è quello in cui, facendo un passo indietro, si rende più presente, intellettualmente ed emotivamente. Tutto questo è incorporato nel dispositivo metanarrativo che dà il via al racconto: uno show televisivo sulla creazione di una commedia teatrale inventata apposta per lo show. Gran parte del film è proprio quella commedia apparentemente inesistente ambientata in una cittadina sperduta in un deserto stilizzato. Lì arriva un ricco cast di forestieri, molti dei quali richiamati da un fenomeno astronomico. Anderson mette in scena una storia elaborata, ricca di spunti e personaggi, e di dettagli che cancellano la distinzione tra primo piano e sfondo, con una passione estetica che riflette la sua devozione personale. E alla fine Asteroid City dimostra (a chiunque ne abbia mai dubitato) che Anderson non è uno “stilista”, ma un regista lungimirante con una grande profondità politica.
Richard Brody, The New Yorker

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Questo articolo è uscito sul numero 1531 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati