Spesso citato come il principale candidato cinese al premio Nobel per la letteratura, Liu Zhenyun comincia il suo racconto con Yang Baishun, un venditore ambulante di tofu che ha ereditato il lavoro dal padre e non lo vuole più. Il padre di Yang ha un solo amico, un carrettiere, e anche quando si scopre che l’amico non contraccambia la sua simpatia, il vecchio Yang assume un atteggiamento indulgente: “Non avrebbe dovuto guidare un carretto per tutta la vita”, sospira. Il giovane Yang parte per cercare fortuna facendo qualsiasi cosa che non sia vendere tofu. Con il tempo ha una moglie e una figlia, le perde entrambe: una scappa, l’altra, a quanto pare, viene rapita. Ma da chi? La storia fa un salto in avanti di due generazioni e le stesse cose accadono in una Cina più moderna. Sebbene la trama abbia un’aria indefinita non fornendo una cronologia precisa, Liu vuole farci sapere che la storia collega due mondi, una vecchia Cina di piccoli villaggi e signori della guerra e quella nuova post-rivoluzionaria di dittatura del partito ed economia pianificata. Nulla sembra cambiare mai. Una cronaca di vite scandite da una silenziosa disperazione, sobria e riflessiva, triste senza mai essere cupa.
Kirkus Reviews
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Questo articolo è uscito sul numero 1592 di Internazionale, a pagina 92. Compra questo numero | Abbonati