Sit Htet Aungm, LightRocket/Getty

“Sono passati quattro anni dal colpo di stato con cui l’esercito birmano il 1 febbraio 2021 ha rovesciato il governo democraticamente eletto di Aung San Suu Kyi, dando il via a una guerra civile che ha devastato il paese”, scrive Asia Times.

“Suu Kyi rimane in carcere, così come molti altri attivisti e oppositori del regime. Non c’è una soluzione facile in vista. La guerra ha scatenato una crisi economica che ha distrutto i sistemi sanitari e scolastici. Metà della popolazione vive in povertà, il doppio rispetto a prima del golpe. Secondo le Nazioni Unite, più di cinquemila civili sono stati uccisi e 3,3 milioni di persone sono sfollate a causa dei combattimenti. Oltre 27mila persone sono stati arrestate e sono state denunciati stupri e torture. Nonostante questo le forze d’opposizione, tra cui gli eserciti dei vari gruppi etnici e la Forza di difesa popolare, formate da civili che hanno imbracciato le armi, si sono rafforzate e hanno ottenuto una serie di vittorie contro l’esercito. Il regime controlla ormai meno della metà del paese e qualcuno si aspetta che la giunta possa cadere all’improvviso, com’è successo al regime siriano”. Intanto il 3 gennaio è entrata in vigore la legge sulla sicurezza informatica, con cui il regime “vuole controllare mezzi di comunicazione vitali per la resistenza, come i social network e le app di messaggistica”, scrive The Diplomat.

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Questo articolo è uscito sul numero 1599 di Internazionale, a pagina 30. Compra questo numero | Abbonati