Anadolu/Getty

Il 24 gennaio a El Fashir, nell’ovest del Sudan, un attacco attribuito alle Forze di supporto rapido (Rsf) contro l’ospedale saudita, l’unico funzionante in città, ha causato settanta morti, tra cui almeno quattro bambini.

Secondo la coordinatrice umanitaria delle Nazioni Unite, Clementine Nkweta-Salami, è una grave violazione del diritto internazionale. Lo stesso giorno “l’esercito sudanese ha inferto una dura sconfitta alle Rsf, sfondando la linea del fronte a Khartoum Bahri (nord) e aprendo un collegamento con il quartier generale delle forze armate sotto assedio da due anni”, scrive Sudan War Monitor. “Le Rsf mantengono il controllo sulla capitale, ma per loro sarà più difficile difendere le loro posizioni”. Il 26 gennaio il generale Abdel Fattah al Burhan ( nella foto ) è tornato nel quartier generale dell’esercito per la prima volta dall’inizio della guerra. Intorno a Khartoum continuano violenti scontri, in particolare vicino alla raffineria Al Jaili, ottanta chilometri a nord della città.

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Questo articolo è uscito sul numero 1599 di Internazionale, a pagina 27. Compra questo numero | Abbonati