L’atmosfera dell’editoria giapponese si può definire cupa. Dagli anni novanta le vendite dei libri sono calate del 60 per cento e di conseguenza è diminuito inesorabilmente il numero delle librerie. L’unico spiraglio di luce arriva da quello che è diventato una specie di fenomeno nazionale, cioè le fiere del libro. L’ultima si è svolta a Tokyo all’inizio di dicembre del 2024, e ha attirato più di 15mila persone. La prima fiera fu organizzata dall’editore e critico letterario Eiji Otsuka nel 2002, e si trattava di una manifestazione di nicchia. Oggi si svolge in otto città e attira un totale di 40mila persone. È curioso anche che la pandemia non abbia minimamente scoraggiato il pubblico, che anzi è aumentato dopo il periodo dei confinamenti. E anche se i saloni letterari non hanno rilanciato il mercato del libro e forse possono essere visti come qualcosa di complementare, è vero che ci sono autori che devono la loro fortuna proprio a queste manifestazioni. Gli organizzatori non intendono fermarsi a otto città e puntano a organizzarne dieci volte tanto.
Nihon Keizai Shimbun
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Questo articolo è uscito sul numero 1604 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati