Il sinuoso e metanarrativo romanzo di Diego Gerard Morrison sembra infestato dagli spettri. Alcuni dei fantasmi del romanzo sono i desaparecidos messicani: persone che potrebbero essere vive o morte, che potrebbero tornare oppure no. Il libro si apre a Città del Messico nel 2017, poco prima del terzo anniversario del rapimento di 43 studenti della Scuola normale rurale di Ayotzinapa, un caso reale tuttora irrisolto. A risuonare lungo tutto il romanzo è il grido di protesta: “Vivos se los llevaron, vivos los queremos” (Vivi li hanno portati via, vivi li rivogliamo). Il protagonista, Aureliano Más Secondo, comprende bene questo sentimento: sua madre è scomparsa senza spiegazioni più di trent’anni prima, quando lui era un neonato; e lui si confronta con la possibilità che sia morta da tempo. Nonostante i numerosi riferimenti al realismo magico, Aureliano, che sta tentando di scrivere un romanzo sulla scomparsa di sua madre, è critico verso il genere. Lo vede come pura fantasia e ne mette in dubbio l’utilità in un paese lacerato da cicli infiniti di violenza dei cartelli della droga e sparizioni forzate, un paese che preferisce non affrontare la probabile morte delle decine di migliaia di persone svanite nel nulla.
Kristen Martin, The Believer

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Questo articolo è uscito sul numero 1643 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati