◆ Quelli tra l’ottobre 2024 e il settembre 2025 sono stati i dodici mesi più caldi mai registrati nell’Artico, afferma il rapporto annuale della National oceanic and atmospheric administration (Noaa) statunitense. La temperatura media è stata superiore di 1,60 gradi rispetto al periodo compreso tra il 1991 e il 2020, un’anomalia più che doppia rispetto alla media globale, a conferma che nella regione il cambiamento climatico sta procedendo molto più rapidamente che nel resto del pianeta. Questo fenomeno, chiamato amplificazione artica, è dovuto in gran parte alla scomparsa dei ghiacciai e della banchisa, che lascia scoperta un’area sempre maggiore di terreno e di acqua di mare, superfici più scure che riflettono meno la luce solare e assorbono più calore. Secondo il rapporto, l’estensione massima della banchisa nel 2025, raggiunta a marzo, è stata di 14,33 milioni di chilometri quadrati, il livello più basso in più di quarant’anni di misurazioni. Il cambiamento climatico sta anche aumentando l’intensità delle precipitazioni, che insieme alle temperature più alte stanno favorendo la crescita della vegetazione, riducendo ulteriormente la riflessione della luce solare. Questi effetti potrebbero essere in gran parte irreversibili, avverte uno studio pubblicato su Environmental Research Letters, secondo cui, a causa del calore immagazzinato nell’oceano, l’Artico resterebbe più caldo e umido per secoli anche se tutta l’anidride carbonica in eccesso fosse rimossa dall’atmosfera.
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Questo articolo è uscito sul numero 1645 di Internazionale, a pagina 106. Compra questo numero | Abbonati