Nei Paesi Bassi si trova la più grande riserva di gas naturale d’Europa. Il vasto giacimento di Groningen ha una capacità intatta che basterebbe a sostituire già da quest’inverno gran parte del carburante che prima la Germania importava dalla Russia. Invece il giacimento sta per essere chiuso, mentre l’Europa si prepara ad affrontare quello che sarà probabilmente il suo inverno più difficile dalla seconda guerra mondiale. Le trivellazioni hanno provocato frequenti terremoti nella zona, e il governo olandese vuole evitare le proteste degli abitanti.

Groningen è un pilastro delle forniture di gas per l’Europa dal 1963, ma dispone ancora di 450 miliardi di metri cubi di gas estraibile, per un valore di mille miliardi di dollari. Secondo la Shell, coinvolta insieme alla Exxon Mobil nelle attività di estrazione, c’è spazio per ricavare cinquanta miliardi di metri cubi di gas all’anno in più rispetto al flusso attuale.

Gli abitanti del posto, però, pensano che sia meglio cercare da un’altra parte. Wilnur Hollaar, 50 anni, vive a Groningen da quasi venti ed è ancora furibondo perché il governo ha ignorato le sue preoccupazioni. “Quando l’ho comprata nel 2004, questa casa era un palazzo”, racconta Hollaar. Come migliaia di altre abitazioni nella stessa area, però, è stata danneggiata dai terremoti. È piena di crepe e la facciata sta crollando. “È diventata un rudere”, dice.

Secondo Hans Vijlbrief, il ministro delle miniere, andare avanti con la produzione è pericoloso, ma il paese non può ignorare le sofferenze del resto d’Europa. Una carenza di gas “potrebbe costringerci a riaprire”, afferma. Poi aggiunge che se non si riuscissero a riscaldare adeguatamente ospedali, scuole e case, questo potrebbe diventare un problema di sicurezza. La Russia ha limitato i rifornimenti di gas all’Europa per rappresaglia contro le sanzioni imposte dopo l’invasione dell’Ucraina. E le recenti esplosioni sul gas­dotto Nord stream 1 hanno di fatto messo fine alle forniture alla Germania. Secondo la Shell, il gas in più estratto a Groningen potrebbe essere immesso in rete quasi subito e permetterebbe di sostituire i 46 miliardi di metri cubi che la Germania ha importato dalla Russia nel 2021.

Di recente il commissario per il mercato interno dell’Unione europea, Thierry Breton, ha affermato che i Paesi Bassi dovrebbero rivedere la loro decisione. Anche Vijlbrief ha subìto pressioni dai colleghi degli altri paesi dell’Unione europea, ma per il momento il governo olandese mantiene la sua posizione. Il primo ministro Mark Rutte non esclude del tutto l’opzione di usare il gas di Groningen, ma “solo nel caso più estremo in cui tutto dovesse andare male”.

Le prime scosse

Groningen registrò le sue prime leggere scosse nel 1986. Da allora ce ne sono state centinaia. Anche se nella maggior parte dei casi le scosse sono avvertite solo dai sismografi, nel 2012 un terremoto di magnitudo 3,6 danneggiò migliaia di edifici. Nel 2014 il governo impose limiti sempre più rigidi alla produzione del giacimento, crollata dai 54 miliardi di metri cubi del 2013 ai 4,5 miliardi previsti quest’anno. Secondo le stime del Groningen mining damage institute, almeno 127mila delle 327mila case presenti nella regione hanno riportato danni. L’emittente televisiva Nos sostiene che dal 2012 a oggi nell’area sono stati demoliti più di 3.300 edifici a causa dei terremoti.

Nel 2019 Rutte si è pubblicamente scusato in parlamento, ma il governo olandese deve ancora fare i conti con le critiche per essersi dimostrato insensibile alle proteste e più che felice di incassare profitti. Secondo il quotidiano Het Financieel Dagblad, al netto dell’inflazione, negli ultimi sessant’anni il giacimento ha fruttato 428 miliardi di euro, e 363,7 miliardi sono finiti nelle casse dello stato olandese.

Nei dintorni di Groningen gli animi si scaldano. A Hollaar è stato offerto un risarcimento di appena dodicimila euro per i danni alla sua abitazione. Secondo lui il valore della casa è sceso di 550mila euro. Hollaar è stato anche condannato per aver minacciato un ispettore incaricato di fare una stima.

Albert Heidema, 69 anni, è un poliziotto in pensione che presiede il gruppo di attivisti locali Ons laand. Nel 2015 un perito gli disse che la sua casa era “per metà distrutta”, ma da allora aspetta ancora una decisione ufficiale sulla demolizione. Heidema ci mostra immagini di case danneggiate, la documentazione e il sismografo della città, che registra tutte le vibrazioni. “I terremoti ti entrano sotto la pelle”, dice. “Di notte mi sveglio a ogni minimo rumore. Mi sento in pericolo perfino a casa mia”.

Le richieste degli abitanti

Il caso di Groningen ha attirato l’attenzione di un numero crescente di elettori olandesi. Vijlbrief ammette che il governo ha deluso persone come Hollaar. Insieme alla Nederlandse Aardolie Maatschappij (Nam, la joint venture formata dalla Shell e dalla Exxon Mobil che gestisce il giacimento), il governo ha già versato risarcimenti per 1,65 miliardi di euro. Questa cifra è solo una parte di quanto chiesto dagli abitanti. Vijlbrief vuole che la Shell e la Exxon abbiano un ruolo maggiore nei risarcimenti. “Sono responsabili quanto noi di questi danni e delle opere necessarie a rafforzare le case”, afferma. Shell “sta collaborando in pieno” con le autorità per chiudere il giacimento il prima possibile ed è “perfettamente consapevole” delle sue responsabilità, ha scritto il portavoce dell’azienda, Tim Kezer, in un’email in cui ha risposto alle nostre domande. La Nam ha dichiarato di essere “responsabile di tutti i costi legati ai terremoti”, e di aver sempre risarcito quanto dovuto per i danni inflitti dai terremoti e finanziato le opere necessarie alla sicurezza. La Exxon non ha risposto alle domande.

Invece di aumentare la produzione di gas, i Paesi Bassi hanno preferito ricorrere di più al carbone e hanno raddoppiato le importazioni di gas naturale liquefatto. La situazione per il prossimo inverno dovrebbe essere “abbastanza sicura”, afferma Vijlbrief. “Ma se un inverno freddo dovesse costringerci a usare le scorte, come faremo a ricostituirle?”, si chiede.

Molti abitanti di Groningen si stanno preparando alla possibilità che il governo torni sui suoi passi e aumenti la produzione di gas. “Continuerò la mia lotta a costo di morire”, afferma Hollaar. “Ho un cane anziano, una madre anziana e una casa in rovina. Non ho altro da perdere”. ◆ gim

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Questo articolo è uscito sul numero 1484 di Internazionale, a pagina 108. Compra questo numero | Abbonati