La condizione dei nativi yanomami rivela gli effetti di quattro anni di governo di estrema destra. Davanti alle immagini di bambini che muoiono di fame e di malattie curabili, il 23 e 24 gennaio quasi ventimila operatori sanitari si sono iscritti come volontari al programma Forza nazionale del sistema sanitario brasiliano: medici, infermieri, psicologi sono disposti ad abbandonare la loro routine per andare nel territorio yanomami, nel nord del paese. Nel dicembre 2022 c’erano 2.502 volontari, oggi sono più di 33mila.

La psicologa Juliana Sangoi, 39 anni e residente a Brasília, è una delle operatrici sanitarie che si sono iscritte al programma: “Gli yanomami stanno vivendo una catastrofe umanitaria”.

Il 23 gennaio il ministero della giustizia e della sicurezza pubblica ha ordinato l’apertura di un’indagine sui crimini commessi da Bolsonaro e dal suo governo. Tra gli atti ipotizzati ci sono il genocidio e l’omissione di soccorso. Tre giorni prima questo giornale aveva denunciato che, negli ultimi quattro anni, almeno 570 bambini sotto i cinque anni erano morti per cause che si sarebbero potute evitare.

La procura generale ha affermato che “i problemi di salute pubblica e sicurezza alimentare degli yanomami sono il risultato dell’omissione dello stato brasiliano, che non ha protetto i loro territori”. Tra le soluzioni proposte c’è l’espulsione dei garimpeiros, i minatori d’oro illegali, dalle terre dei nativi.

Intanto il presidente Luiz Inácio Lula da Silva ha già disposto la sostituzione di alcuni funzionari della Fundaçao nacional do índio, l’ente del governo che deve tutelare i popoli nativi. Almeno tredici militari sono stati allontanati. Nel territorio yanomami più di mille persone con gravi problemi di salute e in situazione di estrema vulnerabilità hanno ricevuto assistenza medica, la maggior parte erano denutriti e avevano la malaria.

Situazioni estreme

La psicologa Juliana Sangoi si emoziona quando parla delle migliaia di volontari che, come lei, sono pronti a partire. “Abbiamo bisogno di stare uniti, ci sarà molto lavoro da fare”, dice. “Credo che questo sia un momento di ripresa, bisogna costruire e rafforzare le politiche che salvaguardano la salute dei popoli nativi”.

Anche la dottoressa Cecilia Machado si è iscritta al programma. Vive a Salvador, dove si è specializzata in pediatria. “Non è tollerabile che in un paese come il nostro, con un potenziale così grande, le persone continuino a morire di fame. Vogliamo che il sistema sanitario funzioni davvero, dando di più a chi ha bisogno, come è giusto che sia”, dice.

La forza nazionale del servizio sanitario interviene in situazioni estreme, quando le capacità di risposta dello stato non bastano. Nel caso degli yanomami, il programma è partito dopo il decreto d’emergenza sanitaria emanato dal governo il 20 gennaio. Possono partecipare assistenti sociali, biologi, biochimici, autisti di ambulanze, dentisti, infermieri, farmacisti, fisioterapisti, medici generici, nutrizionisti, insegnanti di educazione fisica, psicologi, infermieri, radiologi e veterinari.

“Quando ho saputo che molti nativi soffrivano per la malnutrizione e non avevano accesso alle cure, che molti bambini erano morti anche per le conseguenze dell’attività mineraria illegale, ho pensato che dovevo fare qualcosa”, dice lo psichiatra Nilson Sibemberg, originario di Porto Alegre. “I medici avevano sostenuto in massa Bolsonaro. Sapere che oggi migliaia di colleghi hanno sentito il dovere di rispondere all’emergenza offrendo il loro sostegno è meraviglioso”, afferma. ◆ ar

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Questo articolo è uscito sul numero 1498 di Internazionale, a pagina 30. Compra questo numero | Abbonati