Nel secondo libro dell’ Iliade c’è un momento incongruo ma, forse proprio per questo, sorprendente. Zeus, su richiesta della mamma di Achille, ha appena mandato un sogno ingannevole ad Agamennone, re di Micene e capo degli Achei, per indurlo a lanciare le truppe all’assalto di Troia. Lo scopo è dimostrargli, praticamente, che se non fa pace con il massacratore Achille, che si rifiuta di combattere, gli Achei saranno massacrati. Ma, al momento di mandare i suoi uomini in battaglia, Agamennone ha una bella pensata. Dice nell’indispensabile traduzione di Franco Ferrari (Oscar Mondadori): “Prima però voglio metterli alla prova, com’è consuetudine, / e li inciterò a fuggire sulle navi dai molti scalmi”. È – come si dice – un test. Agamennone vuole vedere cosa succede se annuncia ai compagni: la rocca di Troia non si lascia radere al suolo, torniamocene a casa. Lo fa e il risultato è meraviglioso. I militi non ci pensano su un attimo e, come le onde lunghe del mare quando soffia lo scirocco, corrono urlando di gioia a trarre in acqua le navi. Peccato che la bella consuetudine di mettere alla prova l’animo dei soldati non abbia avuto gran fortuna. Del resto anche nell’ Iliade l’esito del test è senza conseguenze. Dopo il talk show truccato tra il brutto criticone Tersite (noi buttiamo il sangue, i re ingrassano) e l’ingegnoso Odisseo (non insultare i re, ti prendo a botte), si torna all’odiosa guerra.

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Questo articolo è uscito sul numero 1454 di Internazionale, a pagina 16. Compra questo numero | Abbonati