Va in scena un po’ di entusiasmo, ma il quadro è nero. Mentre l’intellighenzia di Giorgia Meloni si atteggia a gramsciana e pretende ovunque con aria furba un suo turno di egemonia culturale, a sinistra c’è ormai un pulviscolo instabile che non sa più dove posarsi. Tutto, in quest’area, zoppica, tutto o ha perso credito o lo sta perdendo. I giornali, che si vendono e leggono poco, vanno in tv con i loro direttori per riassumere dallo schermo ciò che comparirà in edicola il giorno dopo. Le televisioni si offrono in pillole sui social per guadagnare pubblico ai loro talk-show rimpolpati con i giornali. Le personalità della cultura – indebolite dall’indebolimento dei loro stessi strumenti (quotidiani, cinema, televisioni, libri) – senza un loro papa che li corrobori (perfino Bergoglio si sta usurando), senza un loro territorio ben difeso dentro cui arroccarsi o da cui far sortite (un partito di riferimento), parlicchiano tra sé e sé con un bisbiglio sempre più marginale. Intanto salta agli occhi, andando in giro, che i pochi cittadini che ancora coltivano la passione politica si dividono tra chi si chiede: ce la farà Elly Schlein a buttar giù Meloni e i suoi camerati?, e chi si domanda: ce la farà Schlein a non farsi buttar giù dai suoi stessi compagni? Difficile dire la rilevanza statistica delle due domande. A naso la seconda, che fa cascare le braccia, è la più diffusa.

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Questo articolo è uscito sul numero 1505 di Internazionale, a pagina 14. Compra questo numero | Abbonati