Bielorussia

È stata una decisione spontanea. “Ho messo in una borsa un giaccone di lana, un gilet, sciarpe, guanti, una coperta”, scrive una blogger di Minsk che ha chiesto di rimanere anonima. La sua è stata solo una delle tante donazioni in favore dei migranti bloccati nella capitale bielorussa. La donna ha raccontato su Facebook di aver visto un gruppo di persone davanti a un centro commerciale nel centro di Minsk e di aver voluto dare una mano. Il suo post ha raccolto più di cinquecento “mi piace”, ma non tutti hanno applaudito i suoi sforzi. C’è chi l’ha accusata di aver aiutato delle persone che di fatto hanno pagato il governo bielorusso, e chi si chiede se davvero stessero “scappando dalla guerra e dalla repressione”. Altri ancora sostengono che la maggior parte dei migranti se la passa meglio dei bielorussi, il cui reddito medio equivale a circa cinquecento euro.

L’opinione pubblica del paese è divisa su come trattare i nuovi arrivati. Se alcuni li considerano vittime in fuga da regimi violenti, altri sottolineano che indossano vestiti costosi, hanno smartphone di ultima generazione e vogliono solo arrivare nella “ricca Germania”. Chi mostra solidarietà può essere accusato di sostenere il regime di Aleksandr Lukašenko.

La fotografa Daria Sapranetskaja racconta di aver notato i primi migranti a Minsk alla fine dell’estate. “All’inizio si poteva pensare che fossero turisti. Ma ora li vediamo dormire nei sacchi a pelo”. Sapranetskaja dice di non aver mai assistito a reazioni ostili da parte dei suoi concittadini, ma ammette che “se i bielorussi sono insoddisfatti di qualcosa, ne parlano a casa o su internet”. Anche lei ha donato vestiti caldi ai nuovi arrivati. “Non m’interessa cosa li ha spinti a venire qui. Sono esseri umani come noi. Ho visto una bambina di due anni che indossava solo un pigiama. Se fosse andata così alla frontiera con la Polonia avrebbe rischiato la vita. Quando vedi qualcuno in difficoltà e puoi dare una mano, lo fai”.

Da sapere
La crisi continua

Bielorussia

◆ Dopo settimane di tensioni crescenti, la crisi dei migranti al confine tra Polonia e Bielorussia è sembrata attenuarsi il 18 novembre, quando le autorità di Minsk hanno sgomberato gli accampamenti dove migliaia di migranti respinti dalle guardie di frontiera polacche erano rimasti bloccati. Lo stesso giorno quattrocento iracheni sono stati rimpatriati da Minsk con un volo speciale. Il 20 novembre, però, il premier polacco Mateusz Morawiecki ha dichiarato che il governo bielorusso sta continuando a trasportare centinaia di migranti verso la frontiera. Secondo le organizzazioni umanitarie almeno dodici persone sono già morte nel tentativo di varcare il confine. Reuters


Storie di ogni tipo

Aleksej Leontšik ha fondato ByHelp, un’associazione che aiuta i bielorussi perseguitati dal regime che si sono rifugiati all’estero. Per Leontšik c’è differenza tra i profughi bielorussi e i migranti che cercano di entrare in Europa. “Queste sono persone che comprano biglietti da un regime criminale”, dice Leontšik, secondo il quale questo contribuisce a finanziare Lukašenko e mette ulteriore pressione sui paesi vicini, come Polonia e Lituania, che sostengono la democratizzazione della Bielorussia. “Io non comprerei mai un biglietto da un dittatore”, aggiunge. Leontšik ammette che i migranti potrebbero essere stati ingannati, ma non ha simpatia per chi finanzia il regime, anche se inconsapevolmente.

L’attivista per i diritti umani Nasta Lojka lavora con i profughi da anni e spiega che i nuovi arrivati stanno polarizzando l’opinione pubblica. Lojka ritiene che molti bielorussi abbiano un atteggiamento ostile perché sanno che il loro arrivo è stato organizzato dal regime. Ma sa anche che molti sono pronti ad aiutarli. Human Constanta, l’organizzazione per cui lavora, ha pubblicato una guida che spiega come dare una mano o fare delle donazioni. Secondo lei bisogna sottolineare che i rifugiati hanno alle spalle storie di ogni tipo: “C’è anche chi era relativamente ricco e ha venduto tutto quello che aveva. Ma nel loro paese queste persone erano in pericolo”. Così come lo sono ora alla frontiera tra Bielorussia e Polonia. ◆ ff

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Questo articolo è uscito sul numero 1437 di Internazionale, a pagina 24. Compra questo numero | Abbonati