Per un anno più di cinquantamila cittadini dell’Unione europea hanno partecipato alla conferenza sul futuro dell’Europa, hanno presentato le loro idee e si sono confrontati con chi era d’accordo con loro e con chi la pensava diversamente. Il risultato è un documento notevole, 56 pagine dense che non solo identificano i problemi fondamentali per il futuro dell’Europa, ma formulano anche delle proposte per risolverli. La priorità accordata al clima, alla politica estera e all’immigrazione sono condivisibili e urgenti.

Ma in questo momento non è tanto dei temi che bisogna parlare, quanto del modo in cui si fa politica. L’Unione europea si è spesso ostacolata da sola, e lo sta facendo anche oggi. La crisi del debito, la Brexit e la pandemia di covid-19 hanno dimostrato che è capace di trovare soluzioni, ma quasi sempre in situazioni di emergenza e non da una posizione di sovranità.

Di fronte alla minaccia che la guerra in Ucraina rappresenta per l’intero continente, per esempio, bisognerebbe riconsiderare il principio di unanimità nella politica estera europea. Non si tratta del coinvolgimento militare, ma della semplice capacità di agire a livello politico, una capacità che è molto limitata. Purtroppo però mancano l’unità, la visione, la disponibilità al compromesso. Soprattutto manca la fiducia, una fiducia che forse potremmo, e dovremmo, mostrare ai nostri alleati in quel “progetto di pace” che è l’Unione europea. ◆ gac

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Questo articolo è uscito sul numero 1460 di Internazionale, a pagina 17. Compra questo numero | Abbonati