Elon Musk a un evento dell’America Pac a Lancaster, in Pennsylvania, Stati Uniti, 26 ottobre 2024. (Samuel Corum, Getty Images)

Corrado Guzzanti ci aveva già pensato quasi vent’anni fa. Nel suo film Fascisti su Marte, del 2006, immagina un “manipolo di eroi” che nel 1939, dopo un “terribile viaggio ipotermico sotto sale”, atterra sulla superficie marziana. Malgrado il pianeta si opponga “con aliena ostinazione all’irrevocabile conquista”, l’ardito manipolo ha la meglio e può infine annunciare che Marte è fascista.

È prevedibile che sentiremo molto parlare di Marte ora che Elon Musk accompagnerà Donald Trump alla Casa Bianca.

Non che ci sia niente di male nell’investire nell’esplorazione spaziale, perfino nelle missioni molto difficili o apparentemente impossibili da realizzare.

Anzi, è importante ricordare che, quando si parla di scienza o di cultura, non per forza gli investimenti devono produrre un qualche risultato.

Ha torto chi dice, anche se in buona fede, che i soldi messi nella ricerca spaziale sono sottratti ad altro: si può migliorare la vita sulla Terra e contemporaneamente riflettere su come arrivare su un altro pianeta. Dover scegliere è una falsa dicotomia.

La realtà è che se i problemi del nostro pianeta, dal cambiamento climatico alla povertà, non si risolvono non è per mancanza di soldi, ma perché non c’è la volontà politica di farlo.

È vero però che dietro l’interesse di Elon Musk per Marte c’è probabilmente altro. Quella che Alex MacDonald, a lungo capo economista della Nasa, definisce “segnalazione costosa”, cioè un modo per esibire il proprio status.

E poi ragioni economiche, molto concrete. Ne elenca alcune Leigh Phillips su Jacobin: “Il vero business di Musk non è mai stato quello di colonizzare Marte, ma fornire servizi a un mercato satellitare maturo, sottrarre contratti pubblici a grandi aziende come Boeing e avviare il settore del trasporto terrestre con i razzi”.

Tutte ragioni che con la conquista del pianeta “rosso e bolscevico” non hanno nulla a che vedere. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1597 di Internazionale, a pagina 3. Compra questo numero | Abbonati