Nato nel 1929 in piena repubblica di Weimar e poco prima dell’avvento al potere di Hitler, Hans Magnus Enzensberger è una delle più vivaci intelligenze dalla seconda metà del novecento a oggi. Vive a Monaco una vecchiaia che gli si augura felice e che è certamente produttiva. È stato ed è critico e giornalista più che romanziere, anche se ha dato una scossa alla storia del romanzo con i suoi formidabili libri “di montaggio” fatti di testimonianze accuratamente e maniacalmente cercate – come quello sulla guerra di Spagna attraverso la storia del grande Durruti (La breve estate dell’anarchia, Feltrinelli 2018) e quello sulla vita e l’amicizia di Marx ed Engels (Colloqui con Marx ed Engels, Feltrinelli 2014) – e le magistrali inchieste-saggio sul legame tra politica e crimine (memorabile la sua ricostruzione dell’ascesa di Pupetta Maresca a capo della camorra napoletana degli anni cinquanta).

Viaggiatore instancabile, curioso di tutto, Enzensberger ha amato molto l’Italia e l’ha capita perfettamente. Ricordo cosa diceva del nostro vezzo di chiedere ciascuno un caffè diverso al bar (lungo, corto, tiepido, freddo, macchiato molto o poco eccetera)… un individualismo fin troppo superficiale. E ricordo le sue amicizie e anche certi suoi amori nel giro di una sinistra che si voleva ed era, allora, certamente nuova. Per un breve periodo fui direttore con lui e Piergiorgio Bellocchio di un mensile che voleva essere radicale ma popolare e che ebbe vita brevissima. Fu insomma lui ad attirarci e ad appassionarci di più, tra gli intellettuali nostri contemporanei, nella “nuova sinistra” straniera, insieme con Ingeborg Bachmann, anche lei innamorata dell’Italia e in particolare di Roma.

Queste vignette concise e lucide sono sempre istruttive, e spesso provocatorie, nel senso che spingono a ragionare evitando d’incorrere nelle facilonerie dei pregiudizi

Enzensberger (“Magnus”) impressionava per la sua tagliente, lucidissima intelligenza critica, di cui le “sessanta vignette del novecento” che ha messo insieme in Artisti della sopravvivenza sono un vivo esempio. Non ha fatto fatica a trovare nel suo archivio appunti, articoli, note di diario su cui lavorare, ma a partire da un assunto originale e significativo: “Innumerevoli sono gli scrittori che, nel corso del Novecento, sono sopravvissuti a terrore di Stato ed epurazioni, con tutte le ambivalenze morali e politiche che questo ha comportato. Ma come sono andate davvero le cose? Erano forse troppo saldi per capitolare di fronte al potere? Devono la sopravvivenza alla loro accortezza o piuttosto alla loro intelligenza, alle loro conoscenze o alla loro abilità tattica?”.

“Sarebbe bello poter distinguere con chiarezza!”, aggiunge Enzensberger. Cercando di capire da molti esempi diversi cosa davvero accadde, caso per caso, e non dimenticando i tanti che risolsero radicalmente il problema ammazzandosi. E se ci sono linee e comportamenti più esemplari, o dominanti. Enzensberger parla di scrittori, dedicando a ciascuno dei sessanta non più di tre-quattro cartelle mirabilmente sintetiche. Tra di loro ci sono solo quattro scrittrici e affronta solo la categoria di artisti a cui appartiene e che dice di conoscere meglio, gli scrittori e i letterati, ignorando – peccato – musicisti, pittori, teatranti, cineasti.

I prescelti sono elencati in ordine di nascita, da Knut Hamsun a Ismail Kadare (ancora vivo nel momento in cui ne ha scritto) e la galleria è esemplare perché propone casi diversissimi, ma tutti o quasi europei (poche le eccezioni: Nagib Mahfuz, Pablo Neruda, Abe Kōbō). Per gli italiani, solo gli astutissimi Gabriele D’Annunzio e Curzio Malaparte maestri nel coltivare fama e benessere, e Alberto Moravia, con un certo distacco. Ce n’è di che imparare: queste vignette concise e lucide sono sempre istruttive, e spesso provocatorie, nel senso che spingono a ragionare evitando d’incorrere nelle facilonerie dei pregiudizi.

Nel confronto tra tanta nostra ignoranza e la tanta sapienza di Enzensberger, confessiamo che ogni tanto il suo gioco può sembrare piuttosto cinico e perfino un po’ vile, perché a scrivere è qualcuno che ha certamente saputo come godere gli anni che ha vissuto, e che non mi pare abbia mai rischiato molto. Ma l’autore lo sa bene, ed è anche questo a dare ai suoi ritratti il sapore che hanno. E, pensando ai lettori/letterati di oggi, che in occidente rischiano poco o niente, questa raccolta diverte molto e molto istruisce, anche se – pur sempre nell’ammirazione e nell’affetto per questo vecchio maestro così giovane – ogni tanto può anche irritare, e magari farci arrabbiare. ◆

Goffredo fofi
è un giornalista e critico teatrale, cinematografico e letterario. È stato animatore di riviste storiche come Quaderni piacentini, Ombre rosse, Linea d’ombra, La Terra vista dalla Luna, Lo straniero. È direttore della rivista Gli asini.

Il libro
Artisti della sopravvivenza. Sessanta vignette letterarie del novecento Di Hans Magnus Enzensberger. Traduzione di Isabella Amico di Meane, Einaudi, 168 pagine, 19 euro

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Questo articolo è uscito sul numero 1468 di Internazionale, a pagina 77. Compra questo numero | Abbonati