Il mese scorso un popolare blogger cinese ha scritto un post su come ha scelto d’ingrassare. Dopo anni di disciplina in cui aveva evitato cibi grassi e conditi a favore di una dieta sana, ha cominciato a mangiare quello che voleva, quando voleva. Nel post descriveva le sue precedenti abitudini alimentari come un prodotto dei valori inculcati in lui e in altri milioni di cinesi fin dall’infanzia: non basta risparmiare, bisogna tenersi in forma e prepararsi a qualunque eventualità ci riservi il futuro. Una mentalità che negli ultimi tempi gli era sembrata sempre più insostenibile. Nella sua vita e in quella dei suoi amici c’erano stati molti imprevisti (infortuni, bancarotta, disoccupazione) tanto che aveva cominciato a chiedersi se avesse senso darsi da fare per il futuro quando perfino il presente era imprevedibile.

Non è il solo a sentirsi così in Cina. La disoccupazione giovanile si avvicina al 20 per cento. I giganti della tecnologia, che nell’ultimo decennio hanno trainato il settore privato cinese, stanno valutando la possibilità di licenziamenti. Il settore immobiliare, un tempo affidabile, traballa. Stretti tra i lockdown per il covid-19 e il rallentamento dell’economia, molti cinesi si interrogano se abbia senso continuare a costruire un futuro che potenzialmente, per la prima volta nella loro vita, sembra meno luminoso del presente.

Non tutti sono pronti a fare a meno della prudenza, ovviamente. Il desiderio di sicurezza e stabilità è più forte che mai. L’incertezza ha fatto crescere il numero di persone che danno l’esame per accedere alla pubblica amministrazione. Dopo che per decenni hanno cercato i salari alti e la relativa libertà del settore privato, i cinesi tornano a sognare la stabilità della “ciotola di riso di ferro”: il posto fisso in un’istituzione legata al governo. Ma le offerte del settore pubblico sono rare. Nel 2021 si sono presentati più di mille candidati per un solo posto di lavoro. Per la stragrande maggioranza, la stabilità sembra un obiettivo irraggiungibile.

Segnali di stanchezza

La crisi non è cominciata con la pandemia. L’economia cinese faticava a trovare un motore di crescita capace di mantenere gli sbalorditivi livelli raggiunti negli anni novanta e duemila prima del covid-19. Alcuni segnali indicavano che i giovani erano disposti sempre meno a garantire quella dedizione totale al lavoro a cui si erano abituate le aziende private. Un’indagine fatta da Linkedin nel 2018, per esempio, ha rivelato che le ragazze e i ragazzi nati dopo il 1995 in media lasciano il primo lavoro dopo appena sette mesi.

È un cambiamento che si riflette anche nel rifiuto di sposarsi e avere figli. La costruzione di una famiglia è sempre stata la promessa e l’investimento a lungo termine più importante della vita di un individuo. In un sondaggio sulle famiglie cinesi condotto nel 2021 dall’università sudoccidentale di finanza ed economia di Chengdu, quasi l’80 per cento degli intervistati ha dichiarato di non essere interessato ad avere figli.

Nella mia ricerca sulle prospettive della natalità in Cina, ho riscontrato atteggiamenti molto simili. “È già difficile prendersi cura di sé”, mi ha detto una donna sposata ma senza figli. Sempre di più i cinesi considerano la famiglia nucleare, un tempo simbolo di stabilità, un fattore di rischio che oggi preferirebbero evitare.

In un’intervista del 2014 alla rivista online Jiemian, l’antropologo Xiang Biao ha definito l’attitudine al sacrificio che ha caratterizzato gli ultimi decenni di crescita rapida come una sorta di “stato di sospensione”. Aveva spiegato che “tutto quello che facciamo mira ad andare oltre il presente per inseguire un obiettivo futuro. Il presente non ha un significato in sé e per sé. È solo un mezzo”.

Paradossalmente, l’attenzione al qui e ora di ragazze e ragazzi potrebbe essere letta come una sorta di liberazione da questo “stato di sospensione”, un ritorno al presente: se non si aspettano niente di concreto dal futuro, le persone preferiscono godersi la vita finché possono. La prospettiva a breve termine si trasformerà in una convinzione duratura? Ne dubito. Come per tante altre nuove tendenze, dalle “dimissioni al buio” allo “starsene sdraiati” (la scelta di uno stile di vita più rilassato con cui i giovani cinesi si oppongono alla cultura del troppo lavoro), concentrarsi sul presente è di per sé una sorta di privilegio di chi ha tempo e risorse per godersi la vita. La maggioranza delle persone continuerà a dover soddisfare bisogni materiali. A maggio solo il 29 per cento dei 10,76 milioni di laureati nel 2022 aveva trovato un lavoro. E malgrado tutte le lamentele sugli orari, un recente sondaggio ha rivelato che il 90 per cento degli intervistati nati negli anni duemila era disposto a fare gli straordinari.

Impreparati alle difficoltà

In Cina quasi tutte le ultime generazioni hanno fatto i conti con disordini ed eventi traumatici. In un certo senso questo rende i ventenni di oggi unici. Sono la prima generazione degli ultimi due secoli che non ha avuto esperienza diretta di guerre, fame o crisi economica durante l’infanzia e l’adolescenza. Sono impreparati alle difficoltà attuali. Dopo aver assistito per tutta la vita a un continuo sviluppo e ad aumenti del pil superiori al 6 per cento all’anno, cosa si fa quando la crescita scende allo 0,4 per cento come è successo nel secondo trimestre di quest’anno?

In una recente intervista, Richard Koo, un economista noto per le sue ricerche sul “decennio perduto” del Giappone e sulla crisi finanziaria mondiale del 2008, ha avvisato che la Cina deve prepararsi a un futuro di crescita lenta. E ha spiegato: “Nei periodi di sviluppo rapido, l’impegno principale dovrebbe essere quello di fare in modo che questo sviluppo sia veloce e di qualità alta, perché dopo cinque o dieci anni è fisiologico che l’economa rallenti”.

Cosa succede quando lo “stato di sospensione” si trasforma in una caduta libera? Il sociologo francese dell’ottocento Émile Durkheim definì “anomia” il fenomeno per cui norme un tempo condivise sono messe in dubbio e abbandonate senza essere sostituite da altre. La conseguenza, secondo Durkheim, è che le persone si sentono disorientate, frustrate e senza scopo. La Cina non è ancora a questo punto. Ma con il passare del tempo e l’aggravarsi del rischio di recessione, potrebbero essere sempre di più le persone che si chiedono: il futuro ha ancora in serbo qualcosa? ◆ gc

Da sapere
Perché l’economia è in crisi

La crescita rallenta Nel 2022 il pil della Cina aumenterà di appena tre punti percentuali, invece del previsto 5,5 per cento. Sono i giovani tra i 16 e i 24 anni quelli più colpiti dalla crisi: uno su cinque è senza lavoro.

Zero covid Il presidente Xi Jinping si è intestato personalmente la vittoria della “guerra al Covid” già nel maggio 2020 e non può tornare indietro. Ma le quarantene, i continui e improvvisi lockdown e le restrizioni sui viaggi hanno causato malcontento nella popolazione e messo in difficoltà l’economia del paese.

Industria tecnologica Per aumentare il controllo sociale la Cina ha inasprito le norme che regolano le quotazioni in borsa e la gestione dei dati delle aziende tecnologiche. I titoli dei colossi del settore sono crollati e le aziende stanno licenziando tra il 10 e il 15 per cento della loro forza lavoro.

Bolla immobiliare Il settore vale più di un quarto dell’economia cinese e rischia il collasso. In un anno i prezzi delle case sono scesi del 20 per cento, le aziende immobiliari stanno fallendo ed è in corso uno sciopero contro i mutui in più di cento città.

Sistema bancario La crisi dell’immobiliare si riflette sulle entrate delle amministrazioni regionali, a loro volta indebitate con le banche locali. Le grandi banche nazionali, invece, hanno prestato miliardi ai paesi che hanno ospitato i progetti infrastrutturali della Belt and road initiative (la nuova via della seta) e rischiano di riempirsi di crediti deteriorati.

Invecchiamento demografico La politica del figlio unico (1980-2015) ha causato l’invecchiamento della popolazione, che raggiungerà il suo picco nel 2029 con 1,44 miliardi di persone. Più del 18 per cento dei cinesi ha superato i sessant’anni. Non sono servite le misure varate negli ultimi anni per incentivare la natalità.

Crisi climatica L’ondata di siccità che ha colpito la Cina la scorsa estate ha causato il dimezzamento dell’energia prodotta dagli impianti idroelettrici, blackout e razionamenti energetici che hanno ulteriormente indebolito l’economia. The Washington Post, South China Morning Post


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Questo articolo è uscito sul numero 1482 di Internazionale, a pagina 46. Compra questo numero | Abbonati