L’amministrazione Biden è preoccupata per il “rapido deterioramento della sicurezza” ad Haiti. Il 3 marzo le bande armate attive nel paese hanno attaccato alcune importanti infrastrutture e l’accademia di polizia. La notte prima avevano preso d’assalto due prigioni di Port-au-Prince e il porto. Controllano già diverse stazioni di polizia e minacciano di entrare nel palazzo presidenziale.

Lo stesso 3 marzo il ministro delle finanze Patrick Boisvert ha dichiarato il coprifuoco notturno e lo stato d’emergenza per 72 ore prorogabili, in modo che le forze di sicurezza possano riprendere il controllo della situazione. La polizia ha il mandato di arrestare i trasgressori in tutto il dipartimento dell’Ouest, dove si trova la capitale.

Le bande armate sono entrate nel penitenziario nazionale facendo evadere centinaia di detenuti, tra cui alcuni noti leader criminali. Hanno attaccato e svuotato anche la prigione di Croix-des-Bouquets, hanno interrotto le comunicazioni telefoniche in alcune zone della capitale, tagliando le linee in fibra ottica, e hanno tolto la corrente al porto dopo aver sabotato una centrale elettrica.

Il governo haitiano ha dichiarato che gli attacchi contro i due principali penitenziari del paese hanno provocato morti e feriti tra le guardie carcerarie. Non ci sono però dettagli sulle conseguenze effettive degli attacchi, che avrebbero decimato le già scarse forze di polizia. Con un post pubblicato sui social network nel pomeriggio del 3 marzo, l’ufficio di comunicazione del governo ha confermato l’evasione di “molte persone”. Dopo aver lodato il coraggio degli agenti, l’ufficio ha scritto che con la complicità di alcune persone le bande criminali “hanno ucciso civili, saccheggiato e bruciato proprietà pubbliche e private. Purtroppo la polizia non è riuscita a impedire che i criminali liberassero molti detenuti”.

Mentre le bande attaccavano le due prigioni il primo ministro haitiano Ariel Henry si trovava a Nairobi, in Kenya. Pochi giorni prima aveva annunciato di voler convocare le elezioni entro l’agosto 2025. Henry e il governo keniano hanno raggiunto un accordo per inviare ad Haiti una forza internazionale con l’obiettivo di ripristinare la sicurezza nell’isola. Secondo gli esperti, l’assenza del premier e l’intesa sulla missione di sicurezza multinazionale hanno scatenato la violenza delle bande, che si stanno dimostrando unite e capaci di assumere il controllo del paese.

Con l’aiuto dei droni

Il 2 marzo, prima di assaltare le prigioni, le bande hanno tagliato l’elettricità al porto per bloccare i container refrigerati. Una fonte ha riferito a questo giornale che gli spari hanno costretto alcune navi ancorate a lasciare le acque di Haiti. Si è parlato inoltre di colpi di arma da fuoco vicino all’aeroporto internazionale della capitale. Poi i gruppi armati si sono diretti verso il penitenziario nazionale.

La mattina del 3 marzo alcuni giornalisti arrivati sul posto hanno visto dei cadaveri a terra. Il carcere era quasi vuoto, ma non è chiaro quanti prigionieri siano scappati. Le bande hanno usato dei droni per segnalare i movimenti delle guardie carcerarie e dare ai loro affiliati il via libera per entrare nel penitenziario.

Secondo l’ufficio politico delle Nazioni Unite a Port-au-Prince, prima dell’irruzione delle bande nel carcere c’erano 3.696 detenuti. Né l’amministrazione penitenziaria di Haiti né la polizia nazionale hanno fornito il numero ufficiale di quelli rimasti nella struttura. Alcuni giornalisti che l’hanno visitata parlano di circa cento detenuti, ma secondo gli attivisti per i diritti umani sarebbero di meno. Tra i detenuti non evasi ci sono i diciassette ex soldati colombiani incriminati per l’omicidio del presidente haitiano Jovenel Moïse, avvenuto il 7 luglio 2021. Tra gli evasi ci sono sia persone arrestate per reati minori sia noti capi di bande criminali. Diverse fonti hanno confermato che oltre all’assalto contro il penitenziario nazionale, nella notte tra il 2 e il 3 marzo c’è stato un secondo attacco alla prigione di Croix-des-Bouquets, a est della capitale. Costruita per ospitare 583 detenuti, ne contava 1.036. Non è chiaro quanti fossero all’interno al momento dell’attacco, perché nella zona c’erano stati saccheggi e pesanti sparatorie.

Celle vuote

In un video pubblicato il 3 marzo su vari siti si vedono i cancelli in ferro battuto blu del penitenziario nazionale e le porte delle celle spalancate, vestiti e sandali sparsi nel cortile vuoto e vari mobili rovesciati. All’ingresso, dove i visitatori svolgono le procedure per entrare, c’erano tre cadaveri e una moto ribaltata. Le guardie carcerarie che di solito sorvegliano l’entrata non si vedevano nemmeno nel cortile.

“Sono morti diversi detenuti”, ha annunciato in creolo haitiano un giornalista di Bon Zen tv, aggiungendo che molti sono stati colpiti con armi da fuoco. Inquadrando le porte aperte delle celle, ha aggiunto: “Le celle sono state sfondate, i prigionieri sono scappati lasciandosi tutto alle spalle”.

L’emittente ha trasmesso le immagini dei colombiani che si aggiravano a torso nudo nelle celle fatiscenti e chiedevano aiuto. Uno ha detto in spagnolo che nel penitenziario “la situazione è critica. Ci sono disordini, è in corso una rivolta e vogliono portarci fuori di qui. Vogliono trasformarci in carne da macello”. Un altro ha aggiunto: “Vi prego, aiutateci. Vogliamo restare nelle celle, ma la polizia dice che la violenza è fuori controllo e stanno massacrando chi resta. Vi prego d’informare le autorità in modo da non essere massacrati. Non abbiamo nulla e non abbiamo fatto niente di male”. Poi si sente una voce che dice in creolo: “Andate via, andate via”.◆gim

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Questo articolo è uscito sul numero 1553 di Internazionale, a pagina 26. Compra questo numero | Abbonati