Il filosofo nigeriano Bayo Akomolafe ha da poco pubblicato in Italia Queste terre selvagge oltre lo steccato (Exòrma 2023), una serie di lettere destinate alla figlia di tre anni. Cosa lasceremo ai nostri figli (e a quelli degli altri) una volta che ce ne saremo andati, se non cambieremo il nostro modo di sentire e pensare? Akomolafe affronta questioni cruciali: miti e rituali della modernità, della crisi ambientale, della decolonizzazione, del razzismo e dell’appartenenza. Lo fa capovolgendo qualsiasi epistemologia occidentale e coinvolgendo nell’analisi del futuro dell’umanità i guaritori yoruba e le bidonville indiane, ibridando le loro teorie con quelle di filosofe, scienziati, maghi e fisici delle particelle. Cerca d’immaginare un nuovo mondo, libero per animali e piante, umani e postumani, intrecciando il neomaterialismo con il pensiero decoloniale di Achille Mbembe ed Édouard Glissant con le intuizioni della tradizione yoruba sopravvissuta alla schiavitù da tratta. Ci fa capire che per occuparsi davvero di alterità animale e umana c’è bisogno innanzitutto degli altri pensieri che abbiamo represso: di ricominciare a stupirci per tutto ciò che ci hanno insegnato a non chiamare cultura o conoscenza. Non si fatica, leggendo Akomolafe, a pensarlo come uno dei più grandi e rivoluzionari filosofi viventi: perché se filosofia significa amicizia per il sapere, la vera amicizia è un ponte per legarci a doppio filo con lo straniero che mai avremmo pensato di tenere per mano. ◆

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1525 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati