C’è una scena di Freeman. L’agente di Harlem, un film underground del 1974 che rientra nel filone della blaxploitation, in cui un gruppo di militanti neri prende in giro l’immaginario alla Via col vento, il film di Victor Fleming che è profondamente radicato nella cultura statunitense. Mentre gli altri personaggi ridono a crepapelle per come il razzismo era reso in quel film, in funzione di quella rappresentazione storica, Freeman, il protagonista del film, se ne esce con la frase: “Questa è solo la messa in scena del sogno americano. E ora la faremo diventare un incubo”.
L’incubo di cui parlava Freeman è cominciato. Nelle strade dilagano le proteste scoppiate in seguito all’uccisione di George Floyd e a numerosi altri episodi di violenza da parte della polizia o di razzismo. I neri, rinchiusi in casa per mesi a causa del covid-19, hanno fatto sentire la loro voce chiedendo un cambiamento strutturale e istituzionale. Le dichiarazioni di aziende, squadre sportive professioniste e altre realtà commerciali o culturali si sono moltiplicate, mentre altri hanno preso iniziative fino a qualche tempo fa inimmaginabili.
L’emittente Hbo, per esempio, ha temporaneamente cancellato _Via col vento _dal catalogo di Hbo Max, il suo nuovo servizio di streaming appena lanciato. Spiegando che la “rappresentazione del film è apertamente in contrasto con i valori di WarnerMedia”, l’emittente ha fatto sapere che l’epopea della guerra civile americana non sarà censurata per sempre, ma tornerà accompagnata da contenuti aggiuntivi che chiariranno il contesto della pellicola e i suoi limiti storici.
Chi scrive la storia
Ormai da anni gli attivisti cercano di liberarsi dalla bandiera confederata e di altri monumenti dei sudisti sconfitti, un’eredità del sud schiavista che sarebbe dovuta scomparire con la fine della guerra civile. Tra le loro azioni c’è per esempio la rimozione dei nomi di suprematisti bianchi e di ex proprietari di schiavi dagli edifici scolastici e dai campus universitari a loro dedicati. Adesso c’è anche l’idea di boicottare i film che, come Via col vento, celebrano quel retaggio perdente.
Naturalmente c’è chi si dispera, suggerendo che questa è solo censura politicamente corretta. Ancora una volta, però, queste voci non fanno altro che “parlare tanto per non dire nulla”, come cantava James Brown. Rimuovere le testimonianze che onorano e celebrano i razzisti non significa cancellare la storia, ma renderla responsabile, fornendo il contesto necessario.
Gli stati del sud, i confederati, dovrebbero aver perso la guerra civile. Secondo un cliché abusato, sono i vincitori a scrivere la storia. Se è così perché tutte queste reliquie dei perdenti continuano a pervadere la società statunitense, dopo così tanti anni dalla fine del conflitto? Il punto è che film come _Via col vento _andavano messi nella giusta cornice molto tempo fa. Inoltre, il ruolo di Hollywood nella diffusione d’immagini così umilianti, disumanizzate e stereotipate non può più essere ignorato.
Via col vento _discende direttamente da _Nascita di una nazione, il film di D.W. Griffith del 1915 che può essere considerato il fondamento del cinema statunitense, una pellicola che fu proiettata alla Casa Bianca e che il presidente Woodrow Wilson definì “storia scritta con i fulmini”. Al cuore del film, osannato per la sua padronanza della narrazione per immagini, non c’è altro che la propaganda razzista. I suoi eroi sono componenti del Ku klux klan che, al culmine della tensione, accorrono a cavallo per salvare la situazione. Se alla radice di tutto c’è Nascita di una nazione, dunque il razzismo, il frutto di quella radice avvelenata non può che essere il razzismo.
Il cinema statunitense ha poi contribuito a diffondere una narrativa della “causa persa”, con cui si è cercato di riscrivere la storia trasformando l’abominio della schiavitù in qualcosa di molto meno reale, dunque più appetibile per il pubblico bianco. Questa idea si fece strada in un chiaro tentativo di cancellare la selvaggia brutalità della schiavitù di quella che era stata un’era di supremazia bianca imperante. Quel revisionismo storico implicava che, anche se il sud aveva perso la guerra civile, la battaglia era stata motivata da una nobile causa: preservare un prezioso stile di vita. Dove “stile di vita” sta per schiavitù.
I bianchi buoni
La lunga eco della propaganda astorica di film come Nascita di una nazione _e _Via col vento _si può rintracciare nel successo che ha riscosso una versione aggiornata della narrativa della causa persa: _The help, il film del 2011 diventato il titolo più visto su Netflix, ora che tutti i notiziari parlano delle proteste dei neri. È ambientato negli anni sessanta, all’epoca dei movimenti per i diritti civili.
Viola Davis, che per il suo ruolo nel film ha ricevuto una nomination come migliore attrice, ha dichiarato nel 2018 di essersi pentita di averci recitato; Bryce Dallas Howard, che appare nei panni della cattiva, razzista al limite del caricaturale, commentando la rinnovata popolarità del film lo ha definito “una storia immaginaria raccontata dalla prospettiva di un bianco” creata “da autori prevalentemente bianchi”. The help _non è _Via col vento, ma solo uno dei molti film recenti in cui si celebra il tema del salvatore bianco, mentre i personaggi neri sono usati come semplici supporti per rafforzare l’idea della benevolenza, generosità e bontà dei bianchi.
Nel 1940, molto prima della nomination di Viola Davis per The help, Hattie McDaniel fu la prima attrice nera di Hollywood a ottenere una nomination e a vincere l’Oscar per il ruolo di Mammy, la fedele domestica di Rossella O’Hara in Via col vento. Nel 1939 McDaniel non era stata autorizzata a partecipare alla prima del film ad Atlanta, perché era nera. Avrebbe fatto la storia alla cerimonia degli Oscar del 1940, che ebbe luogo all’hotel Ambassador di Los Angeles, ma quella sera era stata costretta a sedersi in una sezione “per le persone di colore” creata appositamente per lei e separata dagli attori bianchi.
Numerosi attori e autori di Hollywood si dicono progressisti, e allora tutti credono che lo sia la stessa Hollywood. Non è così ora né lo è mai stato
Il ruolo di McDaniel nel film era una rappresentazione talmente stereotipata di come i bianchi amavano vedere le donne nere che il nome del suo personaggio, Mammy, sarebbe diventato un sinonimo di quel clichè. Mammy – sfacciata, irascibile, asessuata – era una caricatura della femminilità nera e McDaniel fu costretta a sopportare le implicazioni di quella caricatura, ricevendo un trattamento razzista non solo sullo schermo ma anche nella vita reale.
In questa fase di riflessione sulla svilente eredità della supremazia bianca, i film non possono sfuggire all’esame. Dato che molti attori, autori o creativi di Hollywood si dicono progressisti, molti credono, sbagliando, che lo sia la stessa Hollywood. Non è così ora né lo è mai stato: la culla del cinema statunitense è tutt’altro che progressista. La sua storia è piena di esempi di razzismo, nessuno dei quali nefasto come sono probabilmente gli stereotipi tossici e duri a morire come quello di Mammy, che hanno inquinato le menti di chi prende i film hollywoodiani per fedeli ricostruzioni storiche.
Nascita di una nazione, per esempio, introdusse i personaggi del nero violento e bestiale e quelli del nero spregiudicato e delinquente, caricature che sarebbero sopravvissute per decenni in molti film, come quelli dell’ispettore Callaghan, interpretato da Clint Eastwood, o un qualsiasi telefilm poliziesco. Il delinquente nero non era mai il protagonista e spesso non aveva nemmeno un nome. Tuttavia, la semplice frequenza di queste caratterizzazioni creò l’impressione che la mascolinità nera e la violenza fossero intrinsecamente legate. L’uomo nero è stato spesso rappresentato come un animale fuori controllo capace di scatenare il caos.
A un certo punto il dipartimento di polizia di Los Angeles cominciò a collaborare con Hollywood, contribuendo alla rappresentazione della polizia e dei poliziotti nella cultura popolare. Alla fine degli anni cinquanta fu coinvolto nella produzione della serie Dragnet (La retata) che avrebbe fatto da riferimento per i futuri telefilm polizieschi. E gran parte dell’immaginario del poliziotto eroico proviene da produzioni simili.
O come offensivo
Anche nella vita reale spesso si è sentito il termine “bestie” quando un ufficiale di polizia cercava di spiegare perché fosse stato necessario picchiare brutalmente, sparare o soffocare a morte un uomo nero disarmato.
Su Variety, il settimanale di riferimento dell’industria cinematografica, Tim Gray elenca dieci film “ancora più problematici” di Via col vento, a cui servirebbero “spiegazioni e contestualizzazioni su rappresentazioni di etnia, sessualità, disabilità e altro”. Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo (1971) “prende di mira giudici progressisti”; i cattivi accusano sistematicamente la polizia di essere violenta, e il film suggerisce così che accuse del genere sono falsità, usate strumentalmente dai criminali. Forrest Gump (1995) è “ostile verso manifestanti, contestatori e verso la controcultura”; il nome del protagonista viene da quello di un suo antenato, Nathan Bedford Forrest, uno dei fondatori del Ku klux klan. Nel tentativo di catturare lo spirito di certi film degli anni trenta, i cattivi di Indiana Jones e il tempio maledetto (1984) forniscono una rappresentazione negativa e stereotipata degli indiani e dei costumi indù. In Io prima di te (2016) un uomo paralizzato si suicida per “lasciare libera” la sua innamorata, suggerendo l’idea che il suicidio è preferibile a una vita da disabile. In C’era una volta a… Hollywood (2019), un’ode alla Hollywood di una volta, oltre alla discussa rappresentazione di Bruce Lee, i neri sono inesistenti e i “messicani” sono sempre parcheggiatori o camerieri. _Quelle due _(1961) ha definito a lungo la rappresentazione di persone lgbt, mostrandole come “disgustose, pietose e perverse”. Sentieri selvaggi (1956) ha generato un dibattito ancora aperto ed è il campione dei film problematici. Buffalo Bill, il serial killer del Silenzio degli innocenti (1991) che si trucca da donna, non è transessuale, ma la questione resta oscura. Bing Crosby con il lucido da scarpe in faccia in La taverna dell’allegria (1942 ) è solo uno dei tanti attori che si è dipinto il volto di nero, e non è mai uno spettacolo edificante. In True lies (1994) tutti gli arabi sono fanatici o terroristi, o entrambe le cose. ◆
L’eredità di questa forma di razzismo hollywoodiano può essere rintracciata anche nelle dichiarazioni di Donald Trump come “quando cominciano i saccheggi, cominciano le sparatorie”. Oggi che lavarsi le mani ha assunto un ulteriore significato, le mani di Hollywood sembrano molto sporche. Se pensiamo a tutto questo, considerando il ruolo dello streaming nel panorama dei mezzi di comunicazione contemporanei, non sarebbe arrivato il momento d’introdurre un sistema di classificazione per i vecchi film come Via col vento? Se un film è intriso del razzismo che si ritrova nella pellicola di Fleming, non potrebbe essere contrassegnato da una “O” per dire “offensivo”? In questo modo nessuno potrà dire che il film è stato censurato, ma chiunque vorrà vederlo sarà almeno spinto a riflettere su cosa significa guardare un contenuto intrinsecamente razzista.
Detto ciò, queste vecchie immagini del passato di Hollywood raccontano una storia vera, una storia che non dev’essere cancellata. Sì, le vicende degli Stati Uniti oggi sono esposte agli occhi del mondo. Vedere quanto Hollywood fosse apertamente razzista è utile a capire cosa significava un tempo e cosa significa anche adesso. Tentare di cancellare il passato non è mai una buona cosa.
D’altra parte, nascondersi dietro il debole argomento che il film può essere goduto senza soffermarsi sul razzismo della sua epoca è disonesto. Film come _Via col vento _– per essere chiari, ci sono tantissimi film razzisti, forse non così popolari ma che hanno a loro volta contribuito a una rappresentazione problematica degli afroamericani – non devono essere banditi, ma nemmeno celebrati. Guardare _Via col vento _senza questa consapevolezza significa non cogliere abbastanza il ruolo riprovevole del film nel promuovere il razzismo ben oltre il 1940.
Fornire informazioni importanti sull’eredità di questo e di altri film è un passo avanti nella giusta direzione. ◆ nv
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Questo articolo è uscito sul numero 1364 di Internazionale, a pagina 76. Compra questo numero | Abbonati