21 maggio 2015 12:13
Un cantiere a Doha, nel Qatar, il 10 marzo 2015. (Bernd von Jutrczenka, Dpa/Corbis/Contrasto)

Il Qatar non ha fatto abbastanza per migliorare i diritti dei lavoratori migranti, nonostante le promesse fatte più di un anno fa dal governo. Lo sostiene un documento pubblicato oggi da Amnesty International.

Nell’ultimo anno, sostiene Amnesty, il governo del Qatar non ha fatto alcuna legge per tutelare il milione e mezzo di lavoratori stranieri presenti nel paese, che vengono sfruttati dai datori di lavoro e impiegati soprattutto per i cantieri dei mondiali di calcio del 2022.

Il documento sostiene che la Fifa, la federazione calcistica internazionale, ha “la chiara responsabilità di considerare in via prioritaria il problema dello sfruttamento dei lavoratori migranti in Qatar e deve, in forma pubblica e privata, chiedere al governo di Doha di attuare riforme concrete per proteggere i diritti dei lavoratori migranti”.

Anche alcuni sponsor dei mondiali di calcio del 2022, come la Coca Cola e la Visa, hanno espresso preoccupazione per lo stato dei diritti umani nel paese.

Il governo del Qatar, in particolare, non avrebbe ancora preso provvedimenti per contrastare il sistema del kafala, che impedisce ai lavoratori migranti di lasciare il paese o di cambiare impiego senza il permesso del loro datore di lavoro. La legge per la tutela degli stipendi, una delle poche misure approvate dal governo, viene attuata in modo lacunoso.

L’esecutivo inoltre avrebbe cercato di ridurre al silenzio chi indaga sulla condizione dei lavoratori nel paese, attraverso arresti e intimidazioni.

Molti migranti intervistati hanno denunciato il ritardato o il mancato versamento dello stipendio. Il Qatar aveva promesso 300 ispettori del lavoro in servizio entro la fine del 2014, ma non sono ancora operativi. Ci sono stati limitati progressi nella sicurezza dei cantieri, nella regolamentazione delle agenzie di reclutamento e nell’accesso alla giustizia per le vittime di sfruttamento sul lavoro, ma non sono ancora sufficienti, aggiunge Amnesty.

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