20 giugno 2015 12:51

Diverse centinaia di persone si sono date appuntamento nella serata del 19 giugno a Charleston in South Carolina, per ricordare le nove vittime della sparatoria del 17 giugno dentro la chiesa metodista di Calhoun street.

La veglia in ricordo delle vittime della sparatoria nella chiesa episcopale metodista Emanuel African di Charleston in South Carolina, il 19 giugno 2015. (Brian Snyder, Reuters/Contrasto)
La veglia fuori dalla chiesa episcopale metodista Emanuel African di Charleston in South Carolina, il 19 giugno 2015. (Brian Snyder, Reuters/Contrasto)
Preghiera fuori dalla chiesa episcopale metodista Emanuel African di Charleston in South Carolina, il 19 giugno 2015. (Brian Snyder, Reuters/Contrasto)

Poche ore prima c’era stata la prima apparizione davanti a un giudice del presunto responsabile, Dylann Roof, 21 anni, per cui è stato confermato il carcere con il rinvio a giudizio su nove capi di imputazione per omicidio. Le prime due udienze sono state fissate per il prossimo ottobre e per febbraio del 2016.

Quando è comparso davanti al giudice, in videoconferenza per motivi di sicurezza, Roof è rimasto in silenzio, salvo confermare la sua identità, residenza e il fatto di non avere un’occupazione. Hanno invece parlato, per l’emozione di tutti, i familiari delle persone uccise che hanno voluto perdonare pubblicamente il giovane. “Non abbraccerò più mia madre, non le parlerò mai più, ma ti perdono” ha dichiarato la figlia di una delle vittime, Ethel Lance, 70 anni.

In un tweet, il presidente statunitense Barack Obama ha commentato: “In mezzo alla tragedia più buia, il decoro e la bontà del popolo americano brillano attraverso queste famiglie”.

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

Incontrando i sindaci statunitensi a San Francisco, Obama ha poi fatto un duro intervento a favore dell’inasprimento delle leggi sul possesso di armi da fuoco, attaccando il congresso. Chi ha sparato in South Carolina, ha ricordato, voleva scatenare una “guerra razziale”. Il presidente ha parlato di un paese “sotto choc”, in cui fatti come questi “lacerano il tessuto di una comunità” e “costano molto cari”. “Più di undicimila americani sono stati uccisi da armi da fuoco nel solo 2013” ha ricordato Obama.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it