03 febbraio 2021 15:00

“Mario Draghi è la persona migliore per il lavoro peggiore: governare l’Italia”, titola il sito d’informazione economica Bloomberg. L’opinionista Ferdinando Giuliano spiega: “Il presidente della repubblica Sergio Mattarella gli ha chiesto di guidare il paese, una delle sette fatiche di Ercole. La nazione è nel mezzo di una crisi sanitaria ed economica. Succede a molti altri paesi in questo momento, ma l’Italia è uno dei membri più fragili dell’Unione europea a causa della sua scarsa crescita e del suo imponente debito pubblico. I partiti politici hanno dimostrato ancora una volta la loro incapacità di gestire una crisi e qualsiasi premier farebbe fatica a metterli in riga. Draghi è una nomina tecnica, e a Roma questo tipo di governi ha avuto risultati altalenanti, spesso non riuscendo a ottenere abbastanza sostegno per riforme durature e significative. Eppure, se c’è un uomo che potrebbe strappare l’Italia dal suo caos, è Draghi. L’ex presidente della Banca centrale europea ha un record impareggiabile nella gestione delle crisi, avendo guidato l’Italia e la zona euro attraverso alcune delle peggiori turbolenze degli ultimi trent’anni. Draghi ha una combinazione di doti che mancavano ad altri tecnocrati italiani: una profonda comprensione dei problemi economici del suo paese e della zona euro, nonché coraggio e intelligenza politica. Questo potrebbe ancora non essere sufficiente per sistemare l’Italia, ma non c’è un candidato più qualificato, anche se non è stato eletto. La crisi italiana è strutturale, non ciclica. L’economia ha un disperato bisogno di cambiamento. L’Italia deve scuotere la sua burocrazia, riformare il suo sistema giudiziario, tagliare sussidi inutili e investire di più in infrastrutture, ricerca e istruzione. Roma sarà il principale beneficiario del recovery fund da 750 miliardi di euro dell’Unione, ma ha faticato a presentare un piano su come spenderà questi soldi e su come realizzerà le riforme necessarie. In qualità di preminente mente economica dell’Italia, Draghi conosce fin troppo bene questi problemi. La domanda è se sarà in grado di fare qualcosa di rilevante al riguardo. Mattarella ha lasciato intendere che vuole un governo completamente tecnico, per lasciare che Draghi possa scegliere i suoi collaboratori tra personalità di talento. Tuttavia, qualsiasi primo ministro deve approvare leggi attraverso il parlamento, il che sarà molto difficile senza il sostegno dei partiti. Draghi conosce questi limiti fin troppo bene. Ma durante tutta la sua carriera ha dovuto affrontare le carenze dei politici. Per il bene dell’Italia, bisogna sperare che possa ripetere questa impresa ancora una volta”.

Lo stesso sollievo misto a scetticismo viene dal Wall Street Journal: “Mario Draghi ha salvato l’euro, ma può salvare l’Italia dalla confusione politica?”, si chiede. “Non è affatto chiaro se la maggioranza del parlamento italiano sosterrà Draghi come presidente del consiglio. Se dovesse emergere una valida coalizione a favore dell’ex presidente della Banca centrale europea, i suoi compiti più urgenti includerebbero la formulazione di una strategia per la ripresa economica del paese dopo la pandemia di covid-19. Tutta l’Europa è parte in causa nelle sorti economiche dell’Italia, dato il traballante debito pubblico del paese e i sentimenti contrastanti del suo elettorato riguardo all’Unione europea e all’euro”.

L’interesse europeo delle vicende italiane è chiaro anche per il Financial Times. Per il quotidiano economico britannico “se Draghi riuscirà a creare un governo di unità nazionale, diventerà premier in un momento in cui l’Italia affronta la più grande crisi economica dalla seconda guerra mondiale e deve elaborare dei progetti decisivi per spendere 200 miliardi di euro dell’Unione europea per affrontare i danni causati dalla pandemia. Draghi ha concluso il suo mandato di presidente della Banca centrale europea nel 2019 dopo aver visto la moneta unica attraversare la più grave crisi finanziaria della sua storia. Il suo impegno a fare ‘tutto quello che serve’ per sostenere la moneta unica, nel 2012, è stato un momento cruciale per ripristinare la fiducia nell’eurozona in un momento in cui, a causa della spirale dei costi del debito pubblico di paesi come la Grecia e l’Italia, rischiava di esplodere”.

Una risorsa fondamentale
Oltreoceano c’è un certo disincanto per le vicende politiche italiane e i governi tecnici. “Introducendo ufficialmente Draghi come potenziale leader in un momento critico, l’Italia sembra pronta a tornare al modello del governo tecnocratico che notoriamente salva il paese quando le sue forze politiche falliscono”, scrive il New York Times. “Durante la crisi economica della zona euro, il presidente del consiglio dell’epoca, Silvio Berlusconi, fu costretto a lasciare il posto a Mario Monti, un altro rispettato tecnocrate, che fece l’impopolare lavoro sporco economico per tirare fuori dai guai l’Italia. Sergio Mattarella, che ha poteri straordinari durante una crisi politica, la sera del 2 febbraio ha chiarito di aver visto in questa strada – e non nelle elezioni anticipate – la via d’uscita. ‘Ho il dovere di sottolineare che il lungo periodo di campagna elettorale, e la conseguente riduzione dell’attività di governo, coinciderebbe con un momento cruciale per le sorti dell’Italia’, ha detto Mattarella in un discorso televisivo”.

Tuttavia un governo tecnico non è una novità per l’Italia, ma neppure un’abitudine: è il terzo in in 28 anni, ricorda El País. “Il parente più stretto risale al 1993, con il governo guidato dal banchiere Carlo Azeglio Ciampi. E poi quello di Mario Monti nel 2011. I parallelismi sono molti, anche nella genesi. Entrambi i dirigenti sono arrivati dopo una forte crisi istituzionale ed economica. Ma furono anche i colpi finali che certificarono la fine di due periodi storici nel paese: la prima repubblica e l’era di Silvio Berlusconi. Draghi sarebbe ora chiamato a far uscire il paese dalla sua peggiore crisi dalla seconda guerra mondiale e a usare l’eccellenza tecnica per affrontare la tempesta populista che l’Italia ha vissuto negli ultimi anni. Anche se per questo deve fare ‘tutto ciò che è necessario’”.

Per questo risulta fondamentale il ruolo del presidente Sergio Mattarella.

“Non bisogna mai sottovalutare le persone discrete e silenziose”, scrive il corrispondente di Le Monde dall’Italia. “Sergio Mattarella appartiene a quella specie di statista che governa contando le parole e parlando sottovoce per costringere al silenzio i propri interlocutori. I suoi discorsi pubblici sono rari e calibrati, e i messaggi che consegna sono molto più diretti di quanto sembri. Così sono state anche le poche parole pronunciate il 2 febbraio, rilevando il fallimento della missione esplorativa affidata quattro giorni prima al presidente della camera dei deputati, Roberto Fico. L’altra via sarebbe stata lo scioglimento delle camere e la convocazione di nuove elezioni politiche in primavera. Ma ha preferito, per il momento, escludere questa ipotesi, considerando che il paese non può permettersi il lusso di ‘un vuoto di potere virtuale di quattro mesi’ in mezzo a una pandemia e sull’orlo di una crisi. L’attuazione del piano europeo di ripresa impone decisioni rapide. Se l’arrivo di Mario Draghi, presentato ovunque sin dalla sua uscita dalla Bce nell’autunno del 2019 come la risorsa per eccellenza per salvare il paese, è tutt’altro che una sorpresa, il momento scelto da Sergio Mattarella è più inaspettato. In questo contesto di crisi sanitaria in cui i mercati finanziari sono ‘anestetizzati’ da un afflusso di liquidità senza precedenti, la scelta di Draghi non segue questa logica. Se questa designazione è lungi dal dispiacere a Bruxelles (è stata salutata con un conciso ‘Grazie presidente!’ dal commissario europeo all’economia, Paolo Gentiloni), il messaggio sembra diretto soprattutto al mondo politico italiano, posto di fronte alla sua incapacità di dare vita a sintesi politiche che offrano altro che mezze misure e sintesi acrobatiche”.

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